Tarsu: Parcheggi “strisce blu”

Nell’Ordinanza n. 19739 del 12 luglio 2021 della Corte di Cassazione, la questione controversa ha ad oggetto l’avviso di accertamento con il quale, per la Tarsu 2004, l’Amministrazione comunale accertava la debenza in relazione ad aree di Parcheggio a sosta tariffata (cd. “zone blu”) affidate dal Comune in gestione ad una Società, ritenendo fondato il rilievo mosso dalla Società secondo cui la presenza umana, nelle Aree parcheggio scoperte, è meramente occasionale e saltuaria e, per tale ragione, essendo incapaci di produrre rifiuti, non possono essere assoggettate alla Tarsu.

La Suprema Corte osserva che il presupposto impositivo della Tarsu è costituito, ai sensi dell’art. 62 del Dlgs. n. 507/1993, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della destinazione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde quindi del tutto dal titolo, giuridico o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti. Ne consegue che la Tassa è dovuta anche dal soggetto che occupi o detenga un’area per la gestione di un Parcheggio affidatagli dal Comune in concessione. In particolare, l’art. 62, comma 1, del Dlgs. n. 507/1993, stabilisce che la Tassa è dovuta per l’occupazione o la detenzione di locali e aree scoperte, a qualsiasi uso adibite, ad esclusione delle aree scoperte pertinenziali o accessorio ad abitazioni. Questa previsione ha carattere generale e subisce solo le deroghe indicate nel comma 2 dello stesso articolo per il quale “non sono soggetti alla Tassa i locali e le aree che non possono produrre rifiuti o per la loro natura o per il particolare uso cui sono stabilmente destinati o perché risultino in obiettive condizioni di non utilizzabilità nel corso dell’anno, qualora tali circostanze siano indicate nella denuncia originaria o di variazione e debitamente riscontrate in base ad elementi obiettivi direttamente rilevabili o ad idonea documentazione”. Come reso evidente dal tenore della disposizione, le deroghe da questa previste non sono automatiche, ma devono essere di volta in volta dedotte e accertate con un procedimento amministrativo, la cui conclusione deve essere basata su elementi obiettivi direttamente rilevabili o su idonea documentazione.

Peraltro, la Suprema Corte chiarisce come, con riguardo alla Tarsu, il presupposto impositivo è costituito, ai sensi dell’art. 62, comma 1, del Dlgs. n. 507/1993, dal solo fatto oggettivo della occupazione o della detenzione del locale o dell’area scoperta, a qualsiasi uso adibiti, e prescinde, perciò, del tutto dal titolo, di diritto o di fatto, in base al quale l’area o il locale sono occupati o detenuti, con la conseguenza che è dovuta, in linea di principio, la Tassa anche dal soggetto che occupi o detenga un’area per la gestione di un Parcheggio affidatagli dal Comune in concessione, restando del tutto irrilevante l’eventuale attinenza della gestione stessa alla fase sinallagmatica del rapporto con il Comune. Presupposto della Tarsu è comunque la produzione di rifiuti, che può derivare anche dall’occupazione di suolo pubblico per effetto di convenzione con il Comune, produzione alla cui raccolta e smaltimento sono tenuti a contribuire tutti coloro che occupano aree scoperte, come appunto stabilisce l’art. 62, comma 1, del Dlgs. n. 507/1993.

Peraltro, pur considerando che l’art. 62, comma 2, del Dlgs. n. 507/1993, nell’escludere dall’assoggettamento al Tributo i locali e le aree che non possono produrre rifiuti “per il particolare uso cui sono stabilmente destinati”, chiaramente esige che sia provata dal contribuente, non solo la stabile destinazione dell’area ad un determinato uso (quale, nella fattispecie, il Parcheggio), ma anche la circostanza che tale uso non comporta produzione di rifiuti, i Giudici di legittimità precisano che il Concessionario deve pagare la Tassa per i Parcheggi, in quanto i Parcheggi sono aree frequentate da persone e, quindi, produttive di rifiuti in via presuntiva. Tuttavia, la convenzione stipulata “inter partes” tra un Comune ed un Consorzio relativamente ad aree scoperte demaniali concesse dall’Ente per la gestione del “Servizio della sosta di autoveicoli”, va interpretata, in mancanza di una esplicita previsione relativa al pagamento dell’Imposta, in ragione dell’equo contemperamento degli interessi delle parti ai sensi dell’art. 1371 del Cc., da ravvisarsi nell’obbligo del pagamento dell’Imposta da parte di chi di fatto occupa le aree scoperte (nella specie, il Consorzio) ex art. 62, commi 1 e 2, del Dlgs. n. 507/1993, nonché del Cnone di cui all’art. 1369 del Cc., per essere più conforme alla natura e all’oggetto di un contratto di concessione di area demaniale la regolamentazione del Canone invece che la disciplina di ulteriori Imposte. Né è necessaria una completa sottrazione fisica dell’area o la titolarità di un diritto reale di godimento.

Infine, la Suprema Corte pone in evidenza che la soggezione alla Tarsu trova sufficiente giustificazione nella strumentalità delle aree pubbliche (di cui l’affidataria del Servizio ha comunque la detenzione, sebbene nell’interesse del Comune, per l’assolvimento dei compiti previsti dal contratto di appalto) all’esercizio di un’attività imprenditoriale con finalità lucrativa, cioè alla gestione del Parcheggio a pagamento, che è oggettivamente idonea (per l’afflusso quotidiano delle autovetture dei fruitori del servizio) alla produzione di rifiuti.