“Testo unico partecipate”: termine “fatturato” utilizzato nell’art. 20 coincide con ammontare ricavi conseguiti nell’esercizio

Nella Delibera n. 54 del 28 marzo 2017 della Corte dei conti Emilia Romagna, un Sindaco ha chiesto un parere in ordine all’esatto significato da attribuire alla parola “fatturato” riportata nell’art. 20, comma 2, lett. d), del Dlgs. n. 175/16, che prevede l’adozione di misure di razionalizzazione per le “partecipazioni in Società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro”.

Più specificamente, l’Ente chiede di conoscere se con il termine “fatturato” utilizzato dal Legislatore debba intendersi il “volume d’affari dichiarato ai fini dell’Iva” o l’ammontare dei “ricavi da vendite” di cui alla voce A1 del Conto economico ovvero, ancora, il “valore della produzione” di cui all’art. 2425, lett. A) del Codice civile.

La Sezione ritiene che il termine “fatturato” utilizzato dal Legislatore nell’art. 20 del Dlgs. n. 175/16 deve essere inteso quale ammontare complessivo dei ricavi da vendite e da prestazioni di servizio realizzati nell’esercizio, integrati degli altri ricavi e proventi conseguiti e al netto delle relative rettifiche. In sostanza, si tratta, della grandezza risultante dai dati considerati nell’art. 2425, lett. A), nn. 1 e 5 del Cc. che, in contrapposizione ai costi dell’attività tipica (costi di produzione, spese commerciali, amministrative e generali), consente di determinare il risultato della “gestione caratteristica” dell’impresa.

Pertanto, la nozione non coincide pienamente con il “valore della produzione” di cui all’art. 2425, lett. A), del Cc., che come è noto include anche le variazioni intervenute nelle rimanenze di merci, prodotti, semilavorati e prodotti finiti, nonché le variazioni di lavori in corso su ordinazione e gli incrementi di immobilizzazioni per lavori interni.

Né, d’altra parte, l’entità del “fatturato” necessariamente coincide con il “volume d’affari ai fini dell’Iva”, come definito nell’art. 20 del Dpr. n. 633/72, atteso il diverso criterio utilizzato per la determinazione dei 2 valori:

  • competenza economica nel concetto di fatturato-ricavo;
  • ammontare delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi registrate o soggette a registrazione in un anno solare a norma degli artt. 23 e 24 (e tenendo conto delle variazioni di cui all’art. 26 dello stesso Dpr. n. 633 ed escluse le cessioni di beni ammortizzabili) nella nozione di volume d’affari Iva.

Ad ulteriore conferma della diversità dei 2 concetti, va tenuto presente che:

  1. a) nella nozione di “volume d’affari Iva” devono essere compresi, in quanto soggetti all’obbligo di emissione della fattura, gli acconti ricevuti a fronte di ricavi non ancora maturati;
  2. b) in passato, fino alla modifica apportata con l’art. 1, comma 325, lett. c), della Legge n. 288/12, non concorrevano, per espressa previsione normativa, alla formazione dello stesso “volume d’affari Iva” le prestazioni di servizi a soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione Europea, prestazioni che viceversa pacificamente avrebbero dovuto rientrare nel concetto di fatturato.

In conclusione, la Sezione chiarisce che il termine “fatturato” utilizzato nell’art. 20 del Dlgs. n. 175/16 coincide con l’ammontare dei ricavi conseguiti nell’esercizio.

Peraltro, tale nozione è quella che meglio corrisponde alle finalità perseguite dal Legislatore con la norma in esame, il cui evidente obiettivo è quello di indurre le Pubbliche Amministrazioni a dismettere o, comunque, a superare, attraverso la predisposizione di appositi “Piani di razionalizzazione”, le partecipazioni in Società di ridotte dimensioni economiche.