DOSSIER A CURA DI CENTRO STUDI ENTI LOCALI
A partire dal 19 aprile 2022, i 7.904 Comuni italiani possono candidarsi per uno dei bandi del PNRR finalizzati ad accelerare la transizione al digitale delle Pubbliche Amministrazioni italiane e chiedere quindi i contributi per la migrazione dei propri servizi al cloud.
A questo scopo, nella Missione 1 del Piano, Componente 1, investimento 1.2 (“Abilitazione e facilitazione migrazione al cloud) è stato previsto lo stanziamento di 500 milioni di euro. Il 40% di queste risorse è riservato ai Comuni del Mezzogiorno.
Obiettivo: sostenere la migrazione verso soluzioni cloud qualificate per garantire servizi affidabili e sicuri, in coerenza con quanto definito all’interno della “Strategia Cloud Italia”.
Questo è solo uno degli avvisi attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, pubblicati questo mese, cui è deputato il compito di traghettare i comuni italiani verso una dimensione sempre più “digitale”. Sul tavolo ci sono anche 100 milioni di euro per rafforzare e diffondere l’utilizzo dell’identità digitale (Spid e carta d’identità elettronica), 200 milioni per rendere ancora più diffuso il sistema di pagamento PagoPA e 90 milioni dedicati all’AppIO.
Ma qual è il contesto in cui si inseriscono questi bandi? Una fotografia dello stato dell’arte della digitalizzazione della P.A. italiana è arrivata di recente dal monitoraggio sull’attuazione del Piano triennale per l’informativa nella P.A., i cui esiti sono stati resi noti dall’Agid (Agenzia per l’Italia digitale) il 21 aprile scorso.
Questo monitoraggio, previsto dall’art. 14-bis del Codice dell’amministrazione digitale, si compone di tre attività:
- la misurazione dei risultati attesi, ovvero gli indicatori di risultato da conseguire complessivamente a livello di sistema P.A. per la realizzazione degli obiettivi fissati;
- la verifica dell’attuazione delle linee d’azione da parte delle amministrazioni;
- l’analisi della spesa e degli investimenti pubblici in Ict di P.A. Centrali e Locali.
Il quadro restituito da questa indagine è globalmente molto positivo: i target fissati per il 2021 sono stati raggiunti a un livello almeno pari al 90% per le componenti “Dati”, “Piattaforme”, “Interoperabilità” e “Sicurezza Informatica”.
Un po’ meno soddisfacenti (livello compreso tra 80% e 89%) i risultati conseguiti con riferimento alle componenti “Servizi”, “Governance” e “Infrastrutture”.
La più debole in assoluto sembra essere proprio questa ultima voce, quella delle infrastrutture. I due indicatori utilizzati per misurarli sono il numero di PA locali che hanno aderito all’offerta MEPA per i servizi di connettività (percentuale di avanzamento 100%) e la definizione di un nuovo modello di connettività nel Sistema pubblico di connettività, la cui percentuale di avanzamento è invece ferma a quota 60%.
Un tema che, secondo Centro Studi Enti Locali, deve però essere affrontato con tempestività è quello dell’individuazione dei Responsabili della transazione al digitale (RTD). Queste figure manageriali apicali hanno, tra le principali funzioni, quella di garantire operativamente la trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione, coordinandola nello sviluppo dei servizi pubblici digitali e nell’adozione di modelli di relazione trasparenti e aperti con i cittadini.Si tratta di innovazioni talmente cruciali per il potenziale impatto positivo che potrebbero avere su tempi dei processi, semplificazione dei rapporti tra cittadini e P.A. e interoperabilità dei sistemi, che preoccupa constatare che, alla data dell’ultima rilevazione (30 marzo 2022), ci fossero ancora 2.234 comuni (circa 1 su 3) che ancora non ne hanno nominato uno.
I Responsabili per la Transizione Digitale sono globalmente 9.694, con un incremento di 1.795 unità rispetto allo scorso 31 ottobre. Premesso che ogni Regione e Città Metropolitana si è dotata di queste figure nel proprio organico, l’anello debole della catena degli enti territoriali, sono proprio i Comuni e i loro Consorzi e Associazioni, fermi a quota 5.670 RTD (+ 875 rispetto ad ottobre 2021).
Un ritardo che, oltre a costituire un freno per la diffusione di nuove soluzioni tecnologiche negli enti, costituisce una violazione di quanto previsto dall’articolo 17 del Codice dell’Amministrazione Digitale che obbliga tutte le amministrazioni a individuare un ufficio per la transizione alla modalità digitale – il cui responsabile è, appunto, l’RTD – a cui competono le attività e i processi organizzativi ad essa collegati e necessari alla realizzazione di un’amministrazione digitale e all’erogazione di servizi fruibili, utili e di qualità. Con la Circolare n. 3 del 1° ottobre 2018, l’allora Ministra per la Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno aveva esortato tutti gli enti pubblici ad attivarsi immediatamente per individuare al loro interno un RTD. “Nel ribadire, quindi, l’urgenza della nomina – si legge in un passaggio del documento – si ricorda che il RTD rappresenta il punto di contatto con l’Agenzia per l’Italia Digitale e la Presidenza del Consiglio dei Ministri per le questioni connesse alla trasformazione digitale delle pubbliche amministrazioni, nonché per la partecipazione a consultazioni e censimenti previsti dal Piano triennale per l’informatica della pubblica amministrazione”.
Un appello rimasto – a distanza di quasi 4 anni – ancora inascoltato in un comune su tre e che rischia di frenare l’efficacia di misure su cui l’Europa e l’Italia stanno investendo molto.

Spid/Cie
Guardando invece ai segnali positivi, sembra ormai lanciatissima la diffusione dell’utilizzo dell’identità digitale per accedere ai servizi della P.A. Trainata da iniziative come il bonus vacanze o il cashback (che implicavano l’utilizzo dell’App Io e l’accesso tramite Spid) e dall’obbligo introdotto lo scorso ottobre di accedere ai servizi in rete delle P.A. solo tramite Spid, Cie o Carta nazionale dei servizi, questi strumenti hanno conosciuto negli ultimi anni una crescita vertiginosa. Basti pensare che siamo passati da 5,6 milioni di identità Spid erogate a gennaio 2020 ai 29,4 milioni del 30 marzo scorso. Il numero di Pubbliche Amministrazioni che consentono l’accesso ai propri servizi online anche attraverso Spid è pari a 12.297 (dati Agid aggiornati al 20 marzo 2022), contro i 9.081 dello scorso ottobre.
