Nella Sentenza n. 1301 del 30 marzo 2020 del Tar Campania, viene impugnato il Regolamento del Settore Affari legali e dell’Avvocatura comunale di un Comune campano, in ragione della prevista possibilità di porre a capo del settore affari legali e avvocatura un dirigente del ruolo amministrativo. I Giudici hanno affermato che è necessaria una decisa separazione dell’Ufficio legale dall’apparato amministrativo dell’Amministrazione, rimarcandosi che le Avvocature degli Enti Pubblici devono essere costituite in un apposito Ufficio dotato di adeguata stabilità ed autonomia organizzativa nonché distinzione dagli altri Uffici di gestione amministrativa, al quale devono essere preposti Avvocati addetti in via esclusiva alle cause e agli affari legali, in modo da evitare ogni possibile forma di interferenza idonea ad intaccare il nucleo essenziale dei requisiti di indipendenza e autonomia della loro attività lavorativa. Già a partire dal Rd. n. 1578/1933 che, dopo aver sancito, all’art. 3 comma 2 l’incompatibilità dell’esercizio della professione di Avvocato “con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni”, ha posto un’esplicita eccezione al comma 4 lett. B), per cui: “gli avvocati [ed i procuratori] degli Uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli Enti di cui allo stesso secondo comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell’Ente presso il quale prestano la loro opera”, imponendone l’iscrizione “nell’Elenco speciale annesso all’Albo”. Al riguardo, al fine dell’iscrizione nel suddetto Elenco speciale, la norma esige che presso l’Ente pubblico esista un Ufficio legale costituente “un’unità organica autonoma” e che i soggetti addetti alla stessa esercitino le funzioni di competenza con modalità che assicurino “libertà ed autonomia” dell’attività di difesa, con “sostanziale estraneità all’apparato amministrativo”, “in posizione di indipendenza da tutti i Settori previsti in organico e con esclusione di ogni attività di gestione”. Dunque, nell’ambito dell’assetto organizzativo di un Ente, ai fini del rispetto del Principio di autonomia dell’Ufficio “Legale”, esso deve connotarsi come una struttura differenziata da ogni altro centro operativo e postulante una diretta connessione unicamente con il vertice decisionale dell’Ente stesso, al di fuori, quindi, di ogni altra intermediazione. In particolare, nel caso di specie, emerge in tutta evidenza che l’Avvocatura interna del Comune in questione, nonostante il diverso contenuto del Regolamento, non risulta organizzata come una struttura autonoma, essendo subordinata ad un Dirigente amministrativo, quale figura interposta tra il Sindaco e gli avvocati interni, che resta titolare di poteri di organizzazione e gestione del personale e direttamente responsabile, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell’Ente, della correttezza amministrativa, della efficienza e dei risultati di gestione dei servizi-settori allo stesso affidati. Dunque, i Giudici affermano che in questo scenario viene meno quella netta separazione dall’apparato amministrativo richiesta dalla disciplina vigente con l’esercizio dell’attività defensionale propria dell’avvocato, con conseguente pregiudizio dell’autonomia di giudizio, che deve essere in ogni caso assicurata nell’esercizio della professione legale, e compromissione del suo svolgimento indipendente e conforme ai canoni di professionalità che devono esclusivamente ispirarla. In conclusione, quindi, non può essere posto un Dirigente amministrativo al vertice dell’Ufficio “Legale”.