Contabilità Enti Locali: la Corte Costituzionale, con Sentenza 28 gennaio 2020 n. 4, si è espressa in merito alla contabilizzazione e utilizzo delle anticipazioni di liquidità

La Corte Costituzionale, con Sentenza 28 gennaio 2020 n. 4, si è espressa sulla legittimità costituzionale, in materia di contabilizzazione e utilizzo delle anticipazioni di liquidità concesse sulla base del Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla Legge 6 giugno 2013, n. 64. Tale norma prevede un ampliamento degli spazi finanziari per gli Enti che hanno debiti pregressi certi, liquidi e ormai scaduti, consentendo altresì una straordinaria anticipazione di liquidità a favore degli stessi Enti affinché sia possibile “mettersi in pari” coi pagamenti; azione che è stata avviata anche a fronte di richiami dell’Unione Europea rispetto ai tempi di pagamento della Pubblica Amministrazione italiana.

La lettura della Sentenza evidenzia, da un lato, quali effetti possa avere una norma evidentemente incostituzionale, e al tempo stesso, quali possano essere gli argomenti di un Comune come Napoli idonei a sostenere la corretta e legittima contabilizzazione dei debiti scaduti. La vicenda vede da un lato il Comune di Napoli e dall’altra la Corte dei conti – Sezione regionale di controllo della Campania.

Più nel dettaglio, nell’attuazione delle norme sopra citate, è intervenuta la Corte dei conti – Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, sollevando la questione di legittimità costituzionale sull’art. 2, comma 6, del Dl. n. 78/2015, che prevede “gli Enti destinatari delle anticipazioni di liquidità a valere sul ‘Fondo per assicurare la liquidità per pagamenti dei debiti certi, liquidi ed esigibili’ di cui all’art. 1 del Decreto-legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla Legge 6 giugno 2013, n. 64, utilizzano la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al ‘Fondo crediti di dubbia esigibilità’ nel risultato di amministrazione”.

L’altra norma per la quale è stata sollevata la questione di legittimità è l’art. 1, comma 814, della Legge n. 205/2017 stabilisce altresì che “l’art. 2, comma 6, del Decreto-legge 19 giugno 2015, n. 78, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2015, n. 125, si interpreta nel senso che la facoltà degli Enti destinatari delle anticipazioni di liquidità, di cui all’art. 1 del Decreto legge 8 aprile 2013, n. 35, convertito con modificazioni dalla Legge 6 giugno 2013, n. 64, di utilizzare la quota accantonata nel risultato di amministrazione a seguito dell’acquisizione delle erogazioni, ai fini dell’accantonamento al ‘Fondo crediti di dubbia esigibilità’ nel risultato di amministrazione, può essere esercitata anche con effetti sulle risultanze finali esposte nell’Allegato 5/2 annesso al Decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, a seguito del riaccertamento straordinario dei residui effettuato ai sensi dell’art. 3, comma 7, dello stesso Decreto legislativo n. 118 del 2011, nonché sul ripiano del disavanzo previsto dal comma 13 del medesimo articolo, limitatamente ai soli Enti che hanno approvato il suddetto riaccertamento straordinario a decorrere dal 20 maggio 2015, fermo restando il rispetto dell’art. 3, comma 8, del medesimo Decreto legislativo n. 118 del 2011, il quale prevede che l’operazione di riaccertamento straordinario sia oggetto di un unico atto deliberativo”.

Pertanto, la Corte spiega perché ritiene fondate le questioni sollevate in riferimento agli artt. 81, 97, comma 1, e 119, comma 6, della Costituzione, affermando che “entrambe le disposizioni censurate consentono di utilizzare le anticipazioni di liquidità per modificare il risultato di amministrazione dell’Ente Locale che le applica, attraverso meccanismi tecnici che convergono nell’elusione dei precetti costituzionali precedentemente richiamati”.

La Corte spiega anche quale sia il meccanismo attraverso il quale si manifesta una illegittima influenza sugli equilibri strutturali del bilancio affermando: “…. è sufficiente considerare che il mancato accantonamento delle risorse, quantificato secondo l’ordinario criterio di computo del ‘Fcde’, consente al Comune di Napoli di impiegare un surplus di spesa, pari al mancato accantonamento, coprendolo con risorse ‘nominali’ (ma non reali, perché il meccanismo contabile indebitamente autorizzato dalle norme censurate finisce per ridurre o azzerare il cosiddetto ‘Fcde’ attraverso la sua sostituzione parziale o totale con l’anticipazione di liquidità), in tal modo incrementando di fatto – senza che ciò appaia dalle scritture ufficiali – il disavanzo di amministrazione già maturato negli esercizi precedenti”.

In tal modo, prosegue la Corte, si pregiudica “l’equilibrio intergenerazionale” gravando sulle future generazioni un debito, “fittiziamente” coperto, pregiudicando “…ulteriormente, in violazione degli artt. 81 e 97, comma 1, primo periodo, della Costituzione, l’equilibrio strutturale dell’Ente Locale in questione, in quanto alla situazione deficitaria precedente si aggiunge quella derivante dall’impiego indebito dell’anticipazione.”

In conclusione, una produzione normativa poco attenta, una gestione che non mira alla sostanza di Principi contabili sani (e al buon senso) e si inerpica su strade in salita per giustificare interpretazioni che non trovano evidentemente alcuna giustificazione, determinano situazioni più serie rispetto a quelle di partenza, aggravando la situazione delle generazioni future di quella collettività e rendendo più difficile la corretta assunzione di responsabilità da parte di chi, anche nel passato, ha concorso al determinarsi di tali situazioni.

Non sarebbe stato particolarmente difficile pensare, come si è detto in apertura di questo articolo, che l’intervento normativo che ha eccezionalmente previsto un ampliamento degli spazi finanziari per gli Enti che avessero avuto debiti pregressi certi, liquidi e ormai scaduti e ha consentito, per il medesimo scopo, anche una straordinaria anticipazione di liquidità a favore degli Enti per “mettersi in pari” nei pagamenti (anche a fronte di richiami pressanti dell’Unione Europea), non potesse di per sé essere utilizzato per finanziare, sia pure indirettamente, ulteriore capacità di spesa da parte degli Enti.

Come accaduto per la già citata Sentenza della Corte Costituzionale n. 18/2019 che ha aperto la “tenzone” tra alcuni Comuni capoluogo (Reggio Calabria e Napoli, su tutti) e la Corte dei conti regionale dii controllo, si resta in attesa del già annunciato intervento del Legislatore (dovrebbe essere in sede di conversione del “Decreto Milleproroghe” – Dl. n. 162/2019 – con apposito emendamento), per rendere sostenibile agli Amministratori attuali un rientro da situazioni che essi stessi hanno soltanto contribuito a determinare, facendo in modo che siano evidenziate anche la responsabilità di altri, come richiesto dalla Corte.