Editoria, il robotico Bruno Siciliano avverte: “I robot e l’Ia non sostituiscono l’uomo”

Né l’Intelligenza Artificiale né i robot “potranno mai sostituire il genio creativo di cui sono dotati molti esseri umani” e ciò “vale in ogni campo dalla chirurgia al designer e, quindi, anche vale anche per il mondo dei media” e dell’editoria. Ne é convinto lo scienziato Bruno Siciliano, uno dei robotici italiani più attivi e di maggior peso internazionale, conversando con l’Adnkronos sulle nuove tecnologie che stanno entrando nel perimetro dei media. Nell’informazione, afferma Siciliano, “né gli umanoidi e né i sistemi basati sull’Intelligenza Artificiale potranno mai sostituire o riprodurre la creatività e la genialità di cui sono dotati molti giornalisti”.  

“Un algoritmo di Intelligenza Artificiale non può essere una tecnologia sostitutiva del giornalista ma solo un ‘supporto’ per il mondo dell’informazione” spiega il professore di Automatica all’Università Federico II, fondatore nell’ateneo partenopeo dello storico Prisma Lab e direttore di Icaros, il centro interdipartimentale di chirurgia robotica. Siciliano – coordinatore del gruppo ministeriale nominato dal Mur per redigere il capitolo sulla robotica del Piano Nazionale della Ricerca 2021-2027 – argomenta che “se c’è un algoritmo, un software che fa una ricerca mirata e smart di dati allora il ruolo del robot nel mondo mediatico e dell’informazione può utile”. Ma, aggiunge “non ritengo possibile sostituire un essere umano, un giornalista in questo caso, con una macchina a cui affidare un lavoro strategico come la ricerca di notizie attendibili, la verifica di una fonte o un contraddittorio critico su un fatto o su un evento”.  

Il robotico napoletano si sposta sull’esempio dei “traduttori di Google che hanno raggiunto un livello più che buono ma ad una veloce traduzione si deve poi fare seguire una valutazione e una corretta interpretazione del testo tradotto”. Dunque, “il ‘traduttore robot’ non può che essere un supporto, una base di partenza per la persona che creerà poi un testo. Insomma non mi ‘chiuderei’ in qualcosa di scritto da una macchina”. E questo, spiega, “perché quello che viene scritto da una macchina non può rendere giustizia sull’intenzione personale di un professionista di diffondere le informazioni, di prendere decisioni o di assumersene le responsabilità. Né può intervenire sulla genialità e la creatività che sono doti ad oggi ancora appannaggio dell’essere umano – quindi di un giornalista- e che non credo potranno mai essere replicate integralmente da una macchina”.  

Tra i promotori dell’I-Rim, l’Istituto Italiano per la Robotica e le Macchine Intelligenti i cui convergono molti stakeholder della robotica italiana dai ricercatori ai tecnologici industriali, Bruno Siciliano ricorda che “anche in chirurgia – pensiamo ad esempio al sistema chirurgico da Vinci della Intuitive Surgical – si usano i robot che consentono ai chirurghi di realizzare interventi meno invasivi ma questi robot non hanno un ruolo esecutivo, non danno alcun feedback al chirurgo e non interagiscono con lui”. “Nel nostro lab – sottolinea- stiamo studiando come aumentare il livello di autonomia dei ‘robot chirurghi’ e cioè come consentire al robot di interagire con il chirurgo ma la decisione e la responsabilità dell’intervento rimane sempre del medico, cioè di chi ‘firma’ l’operazione: l’aspetto deontologico non può essere surrogato da una macchina né in sala operatoria né in un giornale”.  

“Nel nostro lab – ricorda ancora il professore – abbiamo per esempio avuto l’italiano Pier Cristoforo Giulianotti, Direttore dell’Unità di Chirurgia Robotica presso l’Università dell’Illinois a Chicago, considerato il maggior esperto di chirurgia robotica al mondo, un nostro cervello fuggito all’estero”. “In quella occasione -riferisce Siciliano- Giulianotti ci ha mostrato un intervento di chirurgia robotica al pancreas, una delle operazioni più complesse che richiede strategia e che può durare anche 10 ore. Ma l’intervento non lo aveva realizzato il robot: l’operazione viene sempre elaborata, compresa, gestita dal chirurgo ed il successo dell’intervento é sempre il frutto della genialità umana”. “E ciò vale per il medico come per il giornalista o per il designer” sottolinea ancora. Insomma, “l’algoritmo di un sistema di Intelligenza Artificiale non può scrivere un articolo al posto di un giornalista e assumersene anche la responsabilità: ogni professionista ha il suo stile, ma quello che potrebbe sicuramente fare un robot – come spesso ironizzano tutti i professionisti in sala stampa – é riprendere le risposte di un calciatore o di un allenatore nella tradizionale conferenza del dopo-partita” scherza Siciliano che si definisce “appassionato di calcio forse più ancora che di robotica” e che ama ricordare di essere “un tifoso sfegatato del Napoli”.  

Ma se i robot non ‘sostituiscono’ mai l’uomo é vero che possono essere un driver per molte attività umane e la loro presenza nelle industrie italiane “é stato un successo”. Il “programma Impresa 4.0 – indica il robotico italiano- é stata una scelta vincente non solo per portare l’automazione e le nuove tecnologie nell’industria” ma anche perché “ha fatto nascere una nuova generazione di Pmi, startup o spin-off universitari innovativi”. Nel tirare un bilancio del processo dell’Industria 4.0 italiana e del Piano Nazionale Impresa 4.0, Siciliano ricorda che “é un programma nato in Germania e replicato anche nel nostro Paese” e spiega che “nella robotica un ruolo cruciale é svolto dagli integratori di sistema: piccoli gruppi industriali in grado di sviluppare soluzioni robot ‘chiavi in mano’, capaci quindi di integrare tecnologie differenti e fornire una soluzione robotizzata all’industria di riferimento”. Molte “le eccellenze industriali campane in questo settore” ricordate da Siciliano e che si muovono nel perimetro di Impresa 4.0, eccellenze, evidenzia il robotico napoletano, che si trovano “nell’area tra Marcianise e Nola e che realizzano tecnologia per l’Industria 4.0 a tutti gli effetti”. “Quello che però vorrei vedere – osserva ancora – é un maggiore fermento nell’ambito della ricerca ed io, come accademico, tendo a guardare in avanti, quindi vorrei che decollasse anche una ‘Impresa 5.0’, una ‘Impresa 6.0’ ma abbiamo tempo per questi ulteriori passi anche se vorrei che i nuovi traguardi fossero tagliati per prima in Italia”.
Lo scienziato rileva infine che “l’investimento di Industria 4.0 ha pagato nel nostro Paese perché ha consentito a tutte le Pmi del settore di crescere e diventare system integrator”. “Ad oggi molte di queste piccole realtà made in Italy lavorano infatti per colossi come Fca, Boeing o Rolls Royce e vedo un indotto ed uno sviluppo industriale molto, molto vivace” commenta infine Siciliano che ‘promuove’ così “a pieni voti” il programma di incentivi varati dal governo nella Legge di Bilancio 2020 e che ha consolidato il processo di transizione delle imprese italiane verso il paradigma 4.0.  

(di Andreana d’Aquino)