Fatture elettroniche: dal 31 dicembre 2016 scattano le nuove regole per la conservazione

Entro il 31 dicembre 2016 l’Ente ha l’obbligo di inviare in conservazione l’archivio fiscale contenente le fatture elettroniche attive e passive prodotte e ricevute nel 2015 ed eventuali altri documenti informatici con rilevanza fiscale, quali ad esempio i registri qualora l’Ente li abbia prodotti in originale digitale (art. 3, Dm. 17 giugno 2014). L’adempimento è disposto dal comma 3, art. 39, Dpr. n. 633/72, in base al quale “le fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica, in conformità alle disposizioni del Decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze adottato ai sensi dell’art. 21, comma 5, del Dlgs. n. 82/05”.

Dal disposto si evince quindi che la conservazione della stampa su carta delle fatture native digitali quali la “Fepa” (“Fattura elettronica verso la Pubblica Amministrazione”), non ha rilevanza ai fini della corretta conservazione.

La questione non è tanto di mera forma, ma di sostanza, le cui ragioni sono intrinseche nella natura digitale del documento. Il punto della questione lo pone il comma 3, art. 21, Dpr. n. 633/72 che prevede che “il soggetto passivo assicura lautenticità dellorigine, lintegrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione. Il soggetto passivo ha l’obbligo di garantire per 10 anni la fattura autentica, ovvero la riconducibilità al soggetto passivo che l’ha prodotta, integrata ovvero preservata da eventuali manomissioni e leggibile, quindi tecnicamente riproducibile a video o a stampa. Per la “Fepa”, l’autenticità e l’integrità sono garantite dalla validità della firma digitale apposta sulla singola fattura o sul lotto di fatture. Conservare la leggibilità e la relativa firma digitale di ciascuna fattura è compito del processo di conservazione.

Tale processo non ha niente a che vedere con la semplice attività di memorizzazione su cd o dvd prevista dalle vecchie regole tecniche contenute nella Delibera Cnipa n. 11/04 o delle attività di backup, ma deve seguire una serie di attività ben precise definite dal Legislatore tecnico (Dpcm. 3 dicembre 2013), al fine di garantirne l’affidabilità del documento fiscale conservato nel tempo. Tra gli adempimenti previsti, indispensabili a gestire la conservazione delle fatture elettroniche, ma anche di tutti gli altri documenti nativi digitali dell’Ente tra i cui messaggi Pec, contratti d’appalto, mandati di pagamento, occorre nominare internamente un Responsabile della conservazione e definire un Manuale di conservazione nel quale descrivere tutte le procedure adottate dall’Ente.

La modalità di conservazione disposte dal Decreto Iva sono meglio dettagliate nel Dm. 14 giugno 2014 emanato ai sensi dell’art. 21, comma 5, del “Cad”. Il Decreto ministeriale in questione, all’art. 3, dispone che, oltre a conservare, è opportuno archiviare correttamente la documentazione con rilevanza fiscale, ovvero garantire “le funzioni di ricerca e di estrazione delle informazioni dagli archivi informatici in relazione almeno al cognome, al nome, alla denominazione, al Codice fiscale, alla Partita Iva, alla data o associazioni logiche di questi ultimi”. Un’attenta riflessione ci permette di intuire che il Legislatore tecnico si è preoccupato anche di garantire la ricerca delle fatture nel Sistema di conservazione che è logicamente separato dal gestionale di contabilità con le chiavi di ricerca abitualmente utilizzate. Del resto, si conserva per poter all’occorrenza recuperare facilmente i propri documenti.

Le fatture registrate nel Registro fatture e quindi fiscalmente rilevanti, dovranno essere estratte e versate in un archivio fiscale tecnicamente chiamato “Pacchetto di versamento completo di tutte le chiavi di ricerca” (tecnicamente definite “metadati”) che ne permettano il recupero e l’esibizione in caso di controllo all’autorità competente. La scelta dei metadati da associare ai “Pacchetti di versamento” dovranno essere attentamente definiti nel Manuale di conservazione nel rispetto delle indicazioni dell’art. 3, Dm. 17 giugno 2014, delle regole tecniche in materia di conservazione (Dpcm. 3 dicembre 2013) e formazione dei documenti amministrativi digitali (Dpcm. 13 novembre 2014).

Il mancato rispetto della corretta procedura di conservazione delle fatture elettroniche nei termini e nei modi appena accennati inficia sull’attendibilità della documentazione fiscale con conseguenze sanzionatorie in caso di verifiche, controlli e ispezioni da parte dell’Autorità competenti. Oltre a ciò, sul Responsabile pendono, sia le responsabilità previste dal “Codice dellAmministrazione digitale”, che responsabilità in merito alla mancata tenuta delle scritture contabili, sanzionate dall’art. 9, del Dlgs. n. 471/97, che al comma 1 recita che “chi non tiene o non conserva secondo le prescrizioni le scritture contabili, i documenti e i registri previsti dalle leggi in materia di Imposte dirette e di Imposta sul valore aggiunto ovvero i libri, i documenti e i registri, la tenuta e la conservazione dei quali è imposta da altre disposizioni della legge tributaria, è punito con la sanzione amministrativa da Euro 1.000 a Euro 8.000”. Altre responsabilità affiancano quelle richiamate e sono previste dal Dlgs. n. 42/04 in materia di Beni culturali, in quanto ciascun documento (anche digitale) contenuto negli archivi degli enti pubblici è ricondotto dall’art. 10 alla fattispecie di bene culturale e pertanto soggetto a tutela. Pertanto, secondo l’art. 30 del “Codice dei Beni culturali”, l’Ente è tenuto “a conservare gli archivi nella propria organicità e ordinamento”, prevedendo al comma 1, dell’art. 169, sanzioni pesanti: “la distruzione non autorizzata di documenti darchivio, anche informatici è punita con l’arresto da 6 mesi ad un anno e con lammenda da 775 a 38.374,50 Euro”.

Affrontare la scadenza del 31 dicembre prevista per le fatture elettroniche è dunque anche l’occasione per gestire la conservazione di tutti i documenti nativi digitali che non può essere disattesa, ne tantomeno risolta con la stampa su carta che genera solo copie con scarso valore giuridico ed in certi casi, come per la “Fepa”, non a norma.