Finanza locale: tra le grandi città coinvolte nelle Amministrative 2022 Verona è quella con i conti più in ordine

DOSSIER A CURA DI CENTRO STUDI ENTI LOCALI SPA

La recente tornata elettorale delle amministrative 2022 ha portato al voto nove Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti, la cui popolazione complessiva supera di poco i 3 milioni di abitanti: Genova, Messina, Monza, Padova, Palermo, Parma, Piacenza, Taranto e Verona. Dal punto di vista finanziario, qual è la situazione di partenza con cui si troveranno a fare i conti i neo sindaci eletti in queste città?

Stando a quanto emerso da una ricerca condotta da Centro Studi Enti Locali, basate sull’analisi dei consolidati 2020, l’indebitamento complessivo del Gruppo pubblico locale di questi Comuni ammonta a oltre 6,5 miliardi mentre il correlato patrimonio netto assomma a poco più di 7 miliardi.

Sono esclusi da questo ammontare, i debiti di Palermo e Taranto che non hanno ancora pubblicato il bilancio consolidato 2020.

Tra le grandi città andate alle urne lo scorso giugno, quella con l’indebitamento più alto – se si guarda all’insieme del Comune e dei suoi organismi partecipati – è Genova, con 2.724.557.523 euro e un patrimonio netto pari a 2.171.849.569. Seguono Parma con euro 1.717.370.491 a fronte di un patrimonio netto pari a 286.565.141 euro, Verona con 1.066.391.814 euro (patrimonio netto 1.732.562.423 euro), Messina con 472.964.901 euro (patrimonio netto 608.052.308 euro), Padova 292.056.979 euro (patrimonio netto 1.102.506.154), Monza con 174.927.232 (patrimonio netto 534.489.620) e Piacenza con 71.767.650 (patrimonio netto 618.877.065).

Per i Comuni di Parma e Genova l’indebitamento è significativamente superiore al patrimonio netto, rispettivamente per 1,4 miliardi e 553 milioni di euro, mentre per gli altri Comuni la situazione si capovolge. Messina, Monza, Padova, Piacenza e Verona hanno un patrimonio netto superiore all’indebitamento rispettivamente per euro 135 milioni, 360 milioni, 810 milioni, 547 milioni e 666 milioni.

Se analizziamo l’indebitamento pro-capite dei vari Comuni risultano evidenti le differenze fra gli stessi: Piacenza riporta il minimo di euro 797, mentre per Parma si arriva fino a 8.733 euro (oltre dodici volte maggiore). Con riguardo al patrimonio netto pro-capite, le differenze si attenuano significativamente: si passa da un minimo di euro 1.457 per il Gruppo pubblico locale di Parma a un massimo di euro 6.734 per Verona(fra 4 e 5 volte in più).

In termini pro-capite, i cittadini più indebitati tra quelli presi in esame sono quindi i parmensi che – sempre in ottica gruppo pubblico locale (quindi comune più partecipate) – detengono un debito pari a 8.733 euro a testa. Seguono i cittadini di Genova con 4.859, Verona con 4.145 euro, Messina con 2.149 euro, Monza con 1.433, Padova con 1.399. Chiude il cerchio Piacenza con 697 euro pro-capite.

Come anticipato, non è possibile confrontare, da questo punto di vista, i dati di Palermo e Taranto, in quanto non risultano ancora aver pubblicato il proprio bilancio consolidato.

Consolidato 2020
Comune con popolazione superiore a 100.000 abitantiN° Abitanti            01/01/2022Indebitamento gruppo pubblico localeIndebitamento gruppo pubblico locale pro-capitePatrimonio Netto gruppo pubblico localePatrimonio Netto gruppo pubblico locale pro-capite
Genova       560.688        2.724.557.523,00 €                                     4.859,31 €              2.171.849.569,00 €                                 3.873,54 €
Messina       220.094           472.964.900,71 €                                     2.148,92 €                 608.052.307,64 €                                 2.762,69 €
Monza       122.099           174.927.231,78 €                                     1.432,67 €                 534.489.619,92 €                                 4.377,51 €
Padova       208.732           292.056.978,66 €                                     1.399,20 €              1.102.506.154,38 €                                 5.281,92 €
Parma       196.655        1.717.370.490,85 €                                     8.732,91 €                 286.565.140,82 €                                 1.457,20 €
Piacenza       102.902             71.767.649,80 €                                        697,44 €                 618.877.064,57 €                                 6.014,24 €
Verona 257.274       1.066.391.813,58 €                                     4.144,97 €              1.732.562.423,09 €                                 6.734,31 €

Con riguardo ai dati del rendiconto della gestione 2021 dei Comuni presi a riferimento (i dati sono estratti dal rendiconto della gestione 2020 per i Comuni di Palermo e di Messina che non hanno ancora approvato il rendiconto 2021) è stato analizzato in primo luogo l’equilibrio complessivo di parte corrente (risultato di competenza di parte corrente al netto delle risorse vincolate di parte corrente e della variazione delle risorse accantonate rispetto all’esercizio precedente). Tutti e 7 i Comuni che hanno già approvato il rendiconto della gestione 2021 presentano un equilibrio di parte corrente positivo, che sfiora i 35 milioni di euro per Verona (circa il 19% delle entrate correnti) mentre il dato del Comune di Genova è prossimo allo zero.

Questo risultato positivo, tranne che per il Comune di Verona, è stato raggiunto grazie all’applicazione alla parte corrente del bilancio di consistenti quote vincolate e disponibili del risultato di amministrazione 2020 e in misura percentualmente più ridotta grazie alla destinazione alla parte corrente di entrate in conto capitale.

Operazioni come l’applicazione alla parte corrente del bilancio di consistenti quote vincolate e disponibili, di norma non sono consentite. L’emergenza pandemica ha però profondamente inciso sulle regole applicate alla contabilità degli enti locali e ha consentito una maggiore flessibilità che ha in qualche modo “falsato” (seppur legittimamente, perché frutto di una legislazione emergenziale) i dati sull’equilibrio di parte corrente. Per cercare di semplificare, di norma le spese ordinarie ed essenziali, come stipendi e servizi pubblici, devono essere coperte soltanto con le entrate ordinarie delle amministrazioni.

Il Covid-19 ha però in parte riscritto le regole del gioco. Oltre ad aver previsto trasferimenti ad hoc per sostenere i comuni, il Governo, a partire dal 2020, ha dato agli enti locali la possibilità di pagare le spese ordinarie (di parte corrente) anche con risorse che di norma devono essere destinate a spese eccezionali come la copertura di debiti fuori bilancio, spese di investimento, estinzione dei prestiti ecc.

L’unica amministrazione per il quale, al netto di queste correzioni, il risultato sarebbe stato ugualmente positivo – per oltre 12 milioni di euro – è il Comune di Verona.

Tempi pagamenti debiti

Quanto tempo impiegano mediamente le grandi città italiane, coinvolte nella tornata elettorale 2022, a pagare i propri debiti commerciali? Il massimo consentito dal Dlgs. n. 231/2002 (di derivazione comunitaria) è ordinariamente di 30 giorni. Possono essere pattuiti tempi più lunghi con il creditore, fino a un massimo di 60.

La città più virtuosa, anche da questo punto di vista, è Verona che ha un indice di tempestività dei pagamenti pari a meno 22 giorni. Mediamente, quindi, nella città guidata dal neo-Sindaco Damiano Tommasi, nel 2021 le fatture sono state pagate a distanza di 8 giorni dalla ricezione. Seguono Genova, con meno 14 (quindi con una media di 16 giorni di distanza dalla ricezione della fattura), Piacenza con -9,90, Parma con -9,35 e Modena con -2,17.

Più lunghi i tempi di pagamento nelle città meridionali esaminate. Taranto ha mediamente sforato di 4 giorni il tempo massimo consentito. Palermo è l’unico comune il cui indicatore relativo al 2021 non è stato reso disponibile sul sito istituzionale. L’ultimo dato pubblicato nella sezione amministrazione trasparente è riferito al 2020 ed è pari a + 31,77 giorni rispetto al limite massimo. Questo ne fa di gran lunga l’ente con i tempi medi di pagamento più lunghi tra quelli oggetto di questa ricerca.

In mezzo, Messina e Padova che hanno un indicatore medio dei pagamenti vicino a zero giorni, quindi sono sostanzialmente in linea con le disposizioni legislative di settore e lo scorso anno hanno saldato i propri debiti in media a distanza di 30 giorni dalla ricezione.  

Comune con popolazione superiore a 100.000 abitantiIndice di tempestività dei pagamenti (giorni)Indice di rigidità strutturale di bilancio                                         (valore indicatore 2021 in %)Incidenza della spesa del personale sulla spesa corrente
Genova-14,1635%30%
Messina-0,5823%*21%*
Monza-2,1732%30%
Padova026%22%
Parma -9,3522%N/A
Palermo31,77*28%*32%*
Piacenza -9,9023%21%
Taranto3,9116%27%
Verona  -22,0027%30%

*Dati riferiti al 2020

Indice di rigidità strutturale

C’è un altro indicatore utile per valutare la salubrità finanziaria dei comuni. Si tratta dell’indice di rigidità strutturale, che misura la percentuale delle entrate correnti che servono a coprire gli stipendi dei dipendenti comunali e le rate di prestiti e mutui contratti dall’ente.

Grandi le differenze che si registrano tra i comuni sopra i 100mila abitanti che sono andati alle urne nel 2022: si passa dal 16% di Taranto fino al 35% del Comune di Genova.

In mezzo, Piacenza con il 21%, Parma con il 22%, Padova (26%), Verona (27%), Monza (32%). Per i Comuni di Palermo e Messina questo dato, riferito al 2021, non risulta ancora reperibile ma l’ultimo disponibile, quello del 2020, ci dice che nel capoluogo di regione siciliano mutui e personale assorbono il 28% delle spese correnti mentre nella città dello Stretto, si fermano a quota 23%.

Sebbene sia tendenzialmente auspicabile avere un indice di rigidità strutturale il più basso possibile, va detto che di per sé questo indicatore non dà un quadro esaustivo della reale situazione finanziaria complessiva di un ente.

Sul dato influiscono infatti molto le politiche in materia di organismi partecipati e l’utilizzo più o meno marcato di veicoli esterni al Comune per fornire servizi strumentali al territorio con spesa di personale correlativamente differenziata. Un Comune che ha esternalizzato a una società partecipata servizi come mensa o trasporto scolastico, ad esempio, avrà spese di personale inferiori (e quindi un indice di rigidità strutturale migliore), in quanto una quota significativa di questi costi sarà sostenuta dalla società partecipata in questione.

Se si guarda alla sola incidenza della spesa di personale (voce principale del citato indice di rigidità strutturale), troviamo ai due estremi il Comune di Taranto, dove il costo del personale è pari al 21% del totale della spesa corrente e Monza con il 31%. Non lontani Padova e Genova con il 30%, Verona con il 27%, Piacenza con il 23% e Parma con il 22%. Anche in questo caso per parlare di Messina e Palermo occorre fare riferimento al 2020, ultimo anno per il quale è stato possibile reperire i dati. Ne è emersa, a Messina un’incidenza della spesa di personale sul totale degli impegni correnti pari al 21% contro il 32% di Palermo.

Parametri di deficitarietà

Tutti i parametri di deficitarietà 2021 dei Comuni sopra ai 100mila abitanti coinvolti dalle amministrative 2022 (eccezion fatta, ancora una volta, per Palermo e Messina che non hanno pubblicato la Tabella dei parametri obiettivo) risultano rispettati. Fuori dal coro soltanto il Comune di Taranto che presenta valori oltre soglia per i parametri P6 e P8, relativi rispettivamente al riconoscimento di debiti fuori bilancio, riconosciuti e finanziati, per oltre l’1% degli impegni relativi alle spese correnti e alle spese in conto capitale, e alla capacità di riscossione, sulla competenza e sui residui, inferiore al 47% del totale degli accertamenti di competenza sommati al totale dei residui attivi ad inizio 2021.

Conclusioni

Nel complesso i dati dei bilanci consolidati dei Comuni di Genova, Parma, Piacenza, Monza, Taranto, Padova e Verona permettono di affermare la loro sufficiente capitalizzazione complessiva. Gli enti dei quali è più difficile determinare la solidità al 31 dicembre 2021 sono Messina e Palermo per via della mancata approvazione dei documenti finanziari.

Sicuramente le due città siciliane presentano delle pronunciate criticità finanziarie. Entrambe sono in procedura di predissesto, sebbene la Città dello Stretto sia in fase di recupero rispetto alla situazione dell’avvio della procedura di riequilibrio nel 2012. Palermo è stata una delle 4 grandi città che – insieme a Napoli, Reggio Calabria e Torino – lo scorso dicembre sono state destinatarie di risorse straordinarie volte a ridurre il disavanzo e a metterli in condizione di approvare il bilancio di previsione 2021-2023. Queste risorse erano riservate ai Comuni sede di capoluogo di Città di metropolitana in cui il disavanzo è talmente vasto da sforare quota 700 euro pro-capite. Sia Messina che Palermo, inoltre, sono rientrate fra i 193 enti siciliani destinatari dei fondi del cosiddetto “Decreto Sicilia”, varato sempre lo scorso dicembre per evitare il default che rischiava di coinvolgere un comune su due nell’isola.

Guardando al totale dei parametri presi in esame, la città con i conti sicuramente più floridi è Verona ma anche gli indicatori relativi a Monza, Padova, Parma, Piacenza e, in misura minore Genova, non presentano criticità di particolare rilevanza. Taranto ha un equilibrio di parte corrente positivo ma ha delle spine nel fianco da affrontare sul fronte debiti fuori bilancio e riscossione.

L’analisi effettuata su un singolo esercizio, soprattutto in considerazione della straordinarietà degli ultimi anni (fortemente condizionati dall’emergenza pandemica), ha ovviamente dei limiti e restituisce una fotografia molto parziale che non consente di valutare a tutto tondo l’effettiva salubrità dei conti. Va detto inoltre che, sebbene l’indebitamento del gruppo pubblico locale sia un elemento importante da prendere in considerazione per valutare lo “stato di salute” dei conti di un ente, di per sé non è da considerare come unico parametro di salubrità finanziaria. Ciò considerata anche la limitatissima significatività normativa e interpretativa che l’ordinamento contabile pubblico e il sistema dei conti pubblici nazionali gli attribuisce; il tutto purtroppo confermato anche dalla ridotta attenzione che i comuni con popolazione superiore a 5mila abitanti, tenuti alla redazione del bilancio consolidato, vi prestano.

Essenziale è l’utilizzo e la destinazione di queste risorse che possono essere una leva per la crescita economico-sociale di un territorio o, viceversa, una zavorra per le amministrazioni a venire.