Ici/Imu: l’agevolazione prevista per abitazione principale non può essere usufruita da coniugi che risiedono in Comuni diversi

Nella Sentenza 24538 del 4 novembre 2020 della Corte di Cassazione,la questione controversa riguarda la spettanza o meno delle agevolazioni tributarie previste a titolo d’Ici per l’abitazione principale in un caso in cui l’immobile costituisca la dimora abituale di un solo coniuge mentre l’altro, si sia trasferito in un’altra abitazione, sita in diverso Comune, insieme ai figli.  La Suprema Corte osserva che in tema di agevolazioni fiscali a titolo di Ici, l’art. 8 del Dlgs. n. 504/1992, prevede un beneficio fiscale in relazione all’unità immobiliare adibita ad abitazione principale dal soggetto passivo dell’imposta. L’art. 8, comma 2, del Dlgs. citato chiarisce che “per abitazione principale si intende quella nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale, e i suoi familiari dimorano abitualmente”. Tuttavia, la Suprema Corte precisa che ai fini della spettanza della detrazione e dell’applicazione dell’aliquota ridotta prevista per le “abitazioni principali”, un’unità immobiliare può essere riconosciuta abitazione principale solo se costituisca la dimora abituale non solo del ricorrente, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione nell’ipotesi in cui tale requisito sia riscontrabile solo nel ricorrente ed invece difetti nei familiari. Trattandosi peraltro di norma agevolativa fiscale, è norma di stretta interpretazione e quindi non estensibile ai casi non espressamente previsti in quanto costituisce comunque deroga al principio di capacità contributiva sancito dall’art. 53 della Costituzione.