Iva: l’esercizio della rivalsa a seguito di accertamento non è possibile nei confronti di soggetti cancellati dal Registro delle imprese

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta all’Istanza di Interpello n. 531 del 20 dicembre 2019, ha ribadito che l’esercizio della rivalsa dell’Iva a seguito di avviso di accertamento, operato ai sensi dell’art. 60, comma 7, del Dpr. n. 633/1972, non è possibile nei confronti di Società che risultano cancellate dal Registro delle imprese.

L’Agenzia ha ricordato che il citato art. 60, all’ultimo comma prevede che “il contribuente ha diritto di rivalersi dell’Imposta o della maggiore imposta relativa ad avvisi di accertamento o rettifica nei confronti dei cessionari dei beni o dei committenti dei servizi soltanto a seguito del pagamento dell’Imposta o della maggiore Imposta, delle sanzioni e degli interessi. In tal caso, il cessionario o il committente può esercitare il diritto alla detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui ha corrisposto l’imposta o la maggiore imposta addebitata in via di rivalsa ed alle condizioni esistenti al momento di effettuazione della originaria operazione”.

La norma è volta a ripristinare la neutralità garantita dal meccanismo della rivalsa (esercitabile dal fornitore soggetto passivo a condizione che il medesimo abbia definitivamente corrisposto le somme dovute all’Erario a titolo di imposta, interessi e sanzioni) e dal diritto di detrazione (esercitabile dal cliente soggetto passivo a condizione che il medesimo abbia corrisposto quanto addebitatogli a titolo di rivalsa), consentendo il normale funzionamento dell’Imposta, la quale deve per sua natura colpire i consumatori finali e non gli operatori economici.

Tuttavia, come chiarito con la Circolare n. 35/E del 2013, il diritto di rivalsa è ammesso a condizione che l’accertamento abbia consentito l’esatta individuazione del cliente e la riferibilità dell’Iva accertata alle operazioni effettuate.

Pertanto, detta neutralità non è in concreto ripristinabile allorché, pur ricorrendo le condizioni necessarie a rendere il diritto di rivalsa astrattamente esercitabile (definitività dell’accertamento, effettuazione dei versamenti dovuti, individuazione del cessionario e riferibilità dell’Iva alle operazioni), il cessionario risulti tuttavia cancellato dal Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2495 del Cc.. In tale circostanza, come del resto già chiarito con la Risposta n. 84/2018, “pur ricorrendo le condizioni sopra indicate, la rivalsa risulta preclusa a far data dalla cancellazione della Società cessionaria dal Registro delle imprese ai sensi dell’art. 2495 Cc. che ha comportato l’estinzione societaria definitiva”.

Con la cancellazione del cessionario dal Registro delle imprese e la conseguente estinzione definitiva della stessa, infatti, viene meno la controparte contrattuale nei cui confronti esercitare la rivalsa. “Deve dunque escludersi la possibilità … nel caso di Ditta individuale o Società di persone, ove l’Impresa cessionaria risulti cancellata si possa agire in rivalsa anche nei confronti del titolare della Ditta individuale e dei soci della Società”.

Del pari non risulta condivisibile, a parere dell’Agenzia, la soluzione di prevedere l’emissione di una nota di variazione in diminuzione dell’Iva, allorché successivamente all’inutile esercizio della rivalsa ai sensi dell’art. 60, ultimo comma, del Decreto Iva, il cessionario committente sia cancellato dal Registro delle imprese senza che il credito dell’istante sia stato soddisfatto, ovvero all’esito infruttuoso di procedure esecutive esperibili, in presenza delle condizioni specifiche fissate normativamente, anche nei confronti di altri soggetti.

A tale riguardo, l’Agenzia ha richiamato quanto già chiarito con la citata Risposta n. 84/2018, secondo cui il diritto di rivalsa ammesso dall’art. 60, ultimo comma, del Dpr. n. 633/1972, è un diritto “speciale”, sicché “anche in presenza di tutte le condizioni necessarie a rendere il diritto potenzialmente esistente …, la rivalsa operata ai sensi dell’art. 60 ha natura di istituto privatistico, inerendo non al rapporto tributario ma ai rapporti interni fra i contribuenti”.

Ne consegue che, in caso di mancato pagamento dell’Iva da parte del cessionario o committente, l’unica possibilità consentita al fornitore per il recupero dell’Iva pagata all’Erario, addebitata in rivalsa e non incassata, è quella di adire l’ordinaria giurisdizione civilistica, non potendosi invocare altri istituti contemplati dalla disciplina Iva (nel caso specifico, la nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 26, commi 2 e 3, del Dpr. n. 633/1972).

Tale posizione non risulta peraltro in contrasto con i Principi enunciati nella Sentenza emessa dalla Cgue in Causa C-127/18, A-Pack CZ Sro, proprio in considerazione della “specialità” della rivalsa ex art. 60, ultimo comma, Dpr. n. 633/1972, inerente ai rapporti privatistici tra le parti e come tale estranea alla rettifica cui fa riferimento la Corte.