L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 115 del 17 aprile 2025, ha fornito chiarimenti in ordine all’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva nel caso di omessa registrazione delle fatture di acquisto.
Il soggetto istante, con riferimento ad alcune fatture di acquisto per le quali il diritto a detrarsi l’Iva è sorto nell’anno di imposta 2023, ha chiarito che:
- non ha registrato tali fatture nei registri Iva anno 2023 e neppure nel Sezionale Iva relativo alle fatture ricevute nel 2023 e registrate nel 2024 entro il termine di presentazione della Dichiarazione Iva per l’anno 2023;
- l’Iva su tali fatture pur essendo detraibile non è stata inserita nella Dichiarazione Iva per l’anno 2023 per mero errore materiale.
A chiesto pertanto di chiarire:
- le modalità con cui il recupero della detrazione dell’Iva in oggetto possa avvenire;
- le sanzioni eventualmente dovute in dipendenza degli adempimenti necessari per il recupero dell’Iva.
Al riguardo, l’Agenzia ha ricordato che l’art. 19, comma 1, secondo periodo, del Dpr. n. 633/1972, stabilisce che “[i]l diritto alla detrazione dell’Imposta relativa ai beni e servizi acquistati o importati sorge nel momento in cui l’imposta diviene esigibile ed è esercitato al più tardi con la Dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto ed alle condizioni esistenti al momento della nascita del diritto medesimo”.
Il successivo art. 25, comma, 1 del medesimo Decreto, prevede in proposito che “[i]l contribuente deve annotare in un apposito registro le fatture e le bollette doganali relative ai beni e ai servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, comprese quelle emesse a norma del comma 2 dell’art. 17, anteriormente alla liquidazione periodica nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa Imposta e comunque entro il termine di presentazione della Dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.
Al riguardo, la Circolare n. 1/E del 2018, ispirandosi ai principi espressi in proposito dai Giudici unionali (Corte di Giustizia UE, Sentenza 29 aprile 2004, C152/02), ha chiarito che “il dies a quo da cui decorre il termine per l’esercizio della detrazione deve essere individuato nel momento in cui in capo al cessionario/committente si verifica la duplice condizione i) (sostanziale) dell’avvenuta esigibilità dell’Imposta e ii) (formale) del possesso di una valida fattura redatta conformemente alle disposizioni di cui all’art. 21 del menzionato Dpr. n. 633/1972. É da tale momento che il soggetto passivo cessionario/committente può operare, previa registrazione della fattura secondo le modalità previste dall’art. 25, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, la detrazione dell’imposta assolta con riferimento agli acquisti di beni e servizi, ovvero alle importazioni di beni. Tale diritto può essere esercitato al più tardi entro la data di presentazione della Dichiarazione relativa all’anno in cui si sono verificati entrambi i menzionati presupposti e con riferimento al medesimo anno. […] L’effettività del diritto alla detrazione dell’imposta e il Principio di neutralità dell’Iva sono, in ogni caso, garantiti dall’istituto della Dichiarazione integrativa di cui all’art. 8, comma 6-bis, del Dpr. n. 322/1998 (c.d. ‘Dichiarazione integrativa a favore’), con la quale, in linea generale, è possibile correggere errori od omissioni che hanno determinato l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o di una minore eccedenza detraibile. Così, il soggetto passivo cessionario/committente, che non abbia esercitato il diritto alla detrazione dell’Iva assolta sugli acquisti documentati nelle fatture ricevute nei termini anzidetti, può recuperare l’Imposta presentando la menzionata Dichiarazione integrativa di cui all’art. 8, comma 6bis, del Dpr. n. 322/1998, non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del Dpr. n. 633/1972 (vale a dire entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la Dichiarazione). Restano fermi, in ogni caso, l’obbligo in capo al soggetto passivo cessionario/committente di procedere alla regolarizzazione della fattura di acquisto ‘irregolare’, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 6, comma 8 e comma 9-bis ultima parte del Dlgs. n. 471/1997 e l’applicabilità delle sanzioni per la violazione degli obblighi di registrazione previste dal richiamato art. 6”.
Con riferimento a tale documento di prassi, la Risposta ad interpello n. 479/2023 ha precisato che “è stata, dunque, ammessa la possibilità di ricorrere all’istituto della dichiarazione integrativa nell’ipotesi in cui per mero errore il contribuente beneficiario del diritto alla detrazione, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto, abbia omesso di esercitare tale facoltà tempestivamente”.
In proposito, è bene rammentare che l’istituto della dichiarazione integrativa, disciplinato ai fini Iva dall’art. 8, comma 6-bis, del Dpr. n. 322/1998, consente di “correggere errori od omissioni, compresi quelli che abbiano determinato l’indicazione di un maggiore o di un minore imponibile o, comunque, di un maggiore o di un minore debito d’imposta ovvero di una maggiore o di una minore eccedenza detraibile, mediante successiva dichiarazione da presentare […] non oltre i termini stabiliti dall’art. 57 del Dpr. n. 633/1972”.
Con riferimento all’analogo istituto previsto, ai fini delle Imposte sui redditi, dall’art. 2, comma 8-bis, del Dpr. n. 322/1998, con la Risoluzione n. 325/E del 2002 (richiamata anche nei più recenti documenti di prassi) è stato chiarito che “[d]alle ipotesi dell’errore e dell’omissione sopra citate deve, tuttavia, tenersi ben distinto il mero ripensamento sull’indicazione di precise scelte già operate da parte del contribuente in sede di Dichiarazione. […] Tali opzioni […], anche se inserite in manifestazioni non dispositive o, per usare un termine comune in dottrina in ‘dichiarazioni di scienza’ quali le Dichiarazioni dei redditi, al pari di qualsiasi altra manifestazione di volontà negoziale non possono essere ‘rettificate’ che in presenza di dolo, violenza o errore. In particolare l’errore, quale vizio della volontà, deve possedere i requisiti della rilevanza e dell’essenzialità e non deve cadere sui ‘motivi’ della scelta, vale a dire sulle mere finalità che hanno indotto il contribuente a porre in essere un determinato comportamento”.
Ricordato ciò, il ‘‘diritto a detrarre’’ l’Iva relativa ai beni e servizi acquistati o importati rappresenta una facoltà da esercitare già in sede di liquidazione periodica dell’imposta o, al più tardi, con la dichiarazione relativa all’anno in cui il diritto alla detrazione è sorto, previa annotazione della fattura di acquisto o della bolletta doganale nell’apposito registro previsto dall’art. 25, comma 1, del Dpr. n. 633/1972.
Per tali ragioni, in linea con la soluzione prospettata con la citata Risposta n. 479/2023, l’Agenzia ha ritenuto possibile ricorrere all’istituto della dichiarazione integrativa, disciplinato dall’art. 8, comma 6-bis, nella sola ipotesi in cui il contribuente, pur avendo ricevuto e registrato la fattura di acquisto, adempimento propedeutico all’esercizio del diritto alla detrazione per mero errore, non abbia esercitato tale diritto tempestivamente.
Diversamente, nel caso in esame, il soggetto istante, pur avendo a disposizione le fatture d’acquisto ricevute nell’anno di imposta 2023 e per le quali l’imposta era divenuta esigibile e, quindi, detraibile nel medesimo periodo ha omesso di registrarle e di detrarre nei termini stabiliti dal citato art. 19 la relativa Iva, rinunciando così definitivamente a tale diritto. In tale circostanza resta preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione integrativa ai sensi e per gli effetti dell’art. 8, comma 6-bis, in quanto in tale comportamento non sono ravvisabili gli estremi dell’errore rilevante ed essenziale.
D’altronde, anche la Corte di Giustizia europea afferma che “31 Come risulta dal testo dell’art. 167 e dell’art. 179, comma 1, della direttiva Iva, il diritto a detrazione va esercitato, in linea di principio, durante lo stesso periodo in cui esso è sorto, ossia nel momento in cui l’imposta diviene esigibile.
32 Ciononostante, ai sensi degli artt. 180 e 182 della citata Direttiva, un soggetto passivo può essere autorizzato ad operare la detrazione anche se non ha esercitato il proprio diritto nel periodo in cui questo è sorto, fatto salvo però il rispetto delle condizioni e delle modalità fissate dalle normative nazionali (Sentenza del 12 luglio 2012, EMSBulgaria Transport, C284/11, EU:C:2012:458, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata).
33 Tuttavia, la possibilità di esercitare il diritto a detrazione senza alcuna limitazione temporale contrasterebbe col principio della certezza del diritto, il quale esige che la situazione fiscale del soggetto passivo, con riferimento ai diritti e agli obblighi dello stesso nei confronti dell’amministrazione finanziaria, non possa essere indefinitamente rimessa in discussione (Sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C95/07 e C96/07, EU:C:2008:267, punto 44, e del 12 luglio 2012, EMSBulgaria Transport, C284/11, EU:C:2012:458, punto 48).
34 La Corte ha così già dichiarato, con riferimento all’applicazione del meccanismo di autoliquidazione, che un termine di decadenza, la cui scadenza porti a sanzionare il contribuente non sufficientemente diligente, che abbia omesso di richiedere la detrazione dell’Iva pagata a monte, privandolo del diritto a detrazione, non può essere considerato incompatibile con il regime instaurato dalla direttiva Iva, purché, da un lato, tale termine si applichi allo stesso modo ai diritti analoghi in materia fiscale fondati sul diritto interno e a quelli fondati sul diritto dell’Unione (principio di equivalenza) e, dall’altro, esso non renda in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio del diritto a detrazione (principio di effettività) (sentenze dell’8 maggio 2008, Ecotrade, C95/07 e C96/07, EU:C:2008:267, punto 46 e la giurisprudenza ivi citata, e del 12 luglio 2012, EMSBulgaria Transport, C284/11, EU:C:2012:458, punto 49)” [ve di Sentenza del 28 luglio 2016, n. 332/15].
L’Agenzia ha ricordato infine che l’obbligo di registrazione delle fatture d’acquisto, previsto dall’art. 25, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, ricorre in ogni caso ed entro termini ben definiti, ovvero “comunque entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale relativa all’anno di ricezione della fattura e con riferimento al medesimo anno”.
Nell’ipotesi di violazione di tale previsione, resta, pertanto, applicabile la sanzione di cui all’art. 6, comma 1, del Dlgs. n. 471/1997 (dovuta nella misura fissa da Euro 250 a Euro 2.000 quando la violazione non ha inciso sulla corretta liquidazione del tributo), comunque ravvedibile in base all’art. 13 del Dlgs. n. 472/1997.