L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 33 del 13 gennaio 2023, ha dato chiarimenti in merito alla natura di corrispettivo di una somma dovuta a seguito di un Accordo bonario risolto in un generico “obbligo di non fare” a carico di una delle due parti.
L’Agenzia ha precisato la nozione di prestazione di servizi, ricordando che l’art. 24, comma 1, della Direttiva n. 112 del 2006 stabilisce che “si considera prestazione di servizi ogni operazione che non costituisce una cessione di beni”.
Il successivo art. 25, comma 1, della richiamata Direttiva n. 112 del 2006 prevede, altresì, che “una prestazione di servizi può consistere, tra l’altro, in una delle operazioni seguenti: (…) b) l’obbligo di non fare o di permettere un atto o una situazione (…)”. Il predetto art. 25, comma 1, è stato trasfuso nell’ordinamento italiano nell’art. 3, comma 1 del Dpr. n. 633/1972, che qualifica come prestazioni di servizi, ai fini Iva, le “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti (…) in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte”.
In proposito, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato in più occasioni che una prestazione di servizi è effettuata a titolo oneroso e, pertanto, configura un’operazione imponibile solo quando tra l’autore di tale prestazione e il suo destinatario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avviene uno scambio di prestazioni sinallagmatiche, nel quale il compenso ricevuto dall’autore di tale prestazione costituisce il controvalore effettivo del servizio fornito al beneficiario (Sentenza 16 dicembre 2010, Causa C270/09).
L’indirizzo espresso dai Giudici comunitari è stato accolto dalla giurisprudenza di legittimità che, con la Sentenza n. 20233 del 2018, ha altresì statuito che “la prestazione di servizi pure in prospettiva unionale è un’operazione soggetta a Iva anche quando la stessa si risolve in un semplice non fare o come nel nostro caso in un permettere e purché si collochi all’interno di un rapporto sinallagmatico”.
Con riferimento alla fattispecie rappresentata nell’Istanza di Interpello, viene concluso un Accordo bonario in esito alla procedura, prescritta dall’art. 240 del Dlgs. n. 163/2006, stabilendo in sintesi che:
a titolo indennitario e conciliativo, a tacitazione definitiva di ogni pretesa (A, Stazione appaltante, Amministrazione pubblica) si impegna a corrispondere la somma di Euro …”;
(B, Impresa) accetta la somma, a tacitazione completa e definitiva delle pretese economiche e di ogni altra rivendicazione connessa all’appalto.
Nell’ambito del rapporto giuridico, come delineato dalle pattuizioni contenute nell’Accordo bonario, instauratosi tra (A) e (B) sussiste quindi uno scambio di prestazioni reciproche, atteso che la somma posta a carico di (A) costituisce il controvalore effettivo dell’impegno assunto dall’affidatario (B) dell’appalto di rinunciare alla pretesa economica che ad ogni altra rivendicazione connessa all’appalto.
Pertanto, l’Agenzia ha concluso che, nel caso di specie, essendo riscontrabile l’esistenza di un nesso di sinallagmaticità tra l’obbligo di non fare posto a carico di (B) e la somma dovuta da (A, Stazione appaltante), si integri il presupposto oggettivo dell’Iva, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, e che l’ammontare dovuto sulla base dell’Accordo bonario di cui trattasi sia da assoggettare ad Iva con applicazione dell’aliquota nella misura ordinaria.
Per completezza, l’Agenzia ha ricordato altresì che trattandosi di una prestazione di servizi effettuata nei confronti di una Pubblica Amministrazione, si applica in fattura il meccanismo dello “split payment” di cui all’art. 17ter del Dpr. n. 633/1072.