Il Cdm dà il via libera all’Agenzia per la cybersicurezza

Dopo giorni di confronti interni alla maggioranza, il Cdm ha varato su forte spinta del premier Mario Draghi l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN), una struttura che sarà composta da una super-squadra di 300 esperti, avrà una dotazione di 530 milioni di euro fino al 2027 e sarà guidata da un esperto: il nome attualmente più accreditato è quello di Roberto Baldoni, numero 2 del Dis, con delega proprio alla cyber. Non sarà più il Dis, dunque, il capofila della difesa cyber. Si tratta di una svolta epocale in un settore diventato centrale per la salvaguardia degli interessi nazionali sia pubblici che privati e su cui il Governo ha mostrato una certa consapevolezza: “Abbiamo il 93-95% dei server della Pubblica amministrazione non in condizioni di sicurezza”, è l’allarme lanciato da Vittorio Colao, Ministro per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale. Anche il sottosegretario con delega all’Intelligence Franco Gabrielli ha riconosciuto che il Paese ha una fragilità “per mancanza di consapevolezza dei rischi, per un deficit di cultura su questi temi: purtroppo siamo molto in ritardo e dobbiamo camminare a passi molto svelti”. La bozza di decreto, in 19 articoli, è stata illustrata ieri mattina da Gabrielli al Copasir, che ha avanzato delle proposte di modifica, in particolare sul suo ruolo di garanzia, richiesta che è stata immediatamente recepita.

L’Agenzia opererà sotto la responsabilità del premier e dell’Autorità delegata per la sicurezza e in stretto raccordo con l’intelligence. Il direttore generale resterà in carica per 4 anni rinnovabili per altri 4. Inoltre il decreto dispone la nascita di un nuovo organismo, il Comitato interministeriale per la cybersicurezza (Cic), con funzioni di consulenza, proposta e deliberazione in materia; presieduto dal premier, è composto dai Ministri di Esteri, Interno, Giustizia, Difesa, Economia, Sviluppo economico, Transizione ecologica Università e ricerca e dal Ministro delegato per l’Innovazione tecnologica. L’Agenzia avrà personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria; coordinerà i soggetti pubblici coinvolti in materia di cybersicurezza a livello nazionale e promuoverà azioni comuni dirette ad assicurare la resilienza cibernetica per lo sviluppo della digitalizzazione del Paese, del sistema produttivo e delle pubbliche amministrazioni. Si punta anche a conseguire “l’autonomia, nazionale ed europea, riguardo a prodotti e processi informatici di rilevanza strategica a tutela degli interessi nazionali nel settore” per non dipendere da tecnologie riferibili ad altri Paesi (si pensi al 5G). Tra i bracci operativi dell’Acn c’è il Computer Security Incident Response Team (Csirt), ora operativo presso il Dis: è la squadra che interviene in caso d’incidenti e attacchi e sarà trasferita presso l’Agenzia col nome Csirt Italia. Il Nucleo per la cybersicurezza lavora invece alla prevenzione e alla preparazione di eventuali situazioni di crisi e per l’attivazione delle procedure di allertamento. Il Nucleo riceve dal Csirt le comunicazioni sulle violazioni o i tentativi di violazione della sicurezza. 

Draghi punta a un nuovo metodo al Governo: più veloci sulle norme attuative

Nel corso del Consiglio dei ministri, il premier Mario Draghi ha sottolineato l’importanza di una più celere adozione dei provvedimenti attuativi ai quali le norme di legge rinviano. Il Presidente ha illustrato un nuovo metodo operativo condiviso con il Sottosegretario Roberto Garofoli e consistente nell’assegnazione a ogni Amministrazione di obiettivi da perseguire, con target specifici di decreti da adottare, a partire dai mesi di giugno e luglio 2021. Per condividere i target, il cui raggiungimento deve essere un impegno prioritario per i Ministri e le Amministrazioni, il Sottosegretario delegato si recherà presso i Ministeri (il ciclo di incontri è stato già avviato ieri con il Ministro dell’economia e delle finanze e proseguirà nei prossimi giorni con gli altri Ministri). Il Sottosegretario Roberto Garofoli ha, quindi, illustrato alcuni criteri operativi per una più efficace attuazione delle disposizioni normative, come condivisi nella Conferenza dei Capi di Gabinetto del 31 maggio, tra i quali la costituzione di una Rete dell’attuazione del programma di governo coordinata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e costituita dai Nuclei per l’attuazione del programma di Governo che ciascun Ministero dovrà istituire all’interno degli Uffici di diretta collaborazione, con il compito specifico di lavorare sul recupero dell’arretrato e sulla costante attuazione dei provvedimenti del Governo in carica.

Si cerca intesa su licenziamenti, Pd rilancia patto

Partiti e sindacati non rinunciano a cercare una mediazione sul blocco dei licenziamenti. Che si parta da posizioni distanti è un dato di fatto, come è altrettanto certo che in Parlamento la maggioranza sarà obbligata a confrontarsi. Sono una valanga le proposte di modifiche presentate al decreto Sostegni bis dai gruppi parlamentari: oltre 4000 gli emendamenti depositati in commissione alla Camera. Ci sarà spazio per affrontare una moltitudine di temi, dalle partite Iva al Superbonus, ma sarà il lavoro il capitolo che richiederà lo sforzo principale di sintesi. A dividere resta la questione della selettività: l’idea piace al Pd che la rilancia e la difende anche da quanti intravedono rischi di incostituzionalità; i Dem a questa proposta affiancano quella di un patto tra imprese e sindacati, evocato nei giorni scorsi da Confindustria e anche dalla Cisl. La proposta chiave del Pd prevede infatti 13 settimane di cassa Covid aggiuntiva, dal primo luglio a fine settembre, per le imprese in crisi ma a patto che sottoscrivano un accordo con le organizzazioni sindacali. L’indicazione dei settori spetterebbe a un decreto ministeriale (del Lavoro e dello Sviluppo economico); a questo punto scatterebbe il blocco delle procedure di licenziamento. 

I Dem rivendicano, in un dialogo a distanza con la Lega, di essere stati i primi a porsi il problema della proroga e si dicono consapevoli della necessità di trovare un punto di equilibrio per garantire la salvaguardia dei posti di lavoro e la ripresa economica, che sarebbe rappresentato dalla proposta messa nero su bianco in Parlamento. Di proroga tout court a fine ottobre parla invece LeU che sulla selettività ha diverse perplessità; contro questa ipotesi si schiera anche il Movimento Cinque Stelle: per Conte la chiave è invece la riforma degli ammortizzatori sociali. Il tema è “molto delicato, si parla della vita delle persone”, riconosce il presidente di Italia Viva Ettore Rosato che insieme a FI sono tra i più freddi rispetto all’ipotesi di prorogare il blocco, a testimoniare come sia ancora lunga la strada per una mediazione fra le forze che sostengono il Governo. 

Scontro tra Pd e centrodestra sui candidati magistrati alle amministrative

Ora che si iniziano a delineare le candidature per le prossime amministrative Enrico Letta parte all’attacco: “Ho visto le candidature a Napoli e il ticket a Roma. Il centrodestra è molto attento alla giustizia. Hanno candidato due magistrati, a Napoli come sindaco e a Roma come vicesindaco, peccato che siano in funzione nel posto dove si candideranno. Hanno preso decisioni delicatissime e hanno accesso a dati sensibili nella terra dove si candidano. La legge italiana ha un buco e non lo impedisce. Per me è un errore”, taglia corto il segretario del Pd. La posizione contro le sliding doors tra politica e magistratura del segretario Pd non è recente: già nel 2010, da vice di Bersani, Letta si esprimeva contro questa fattispecie in un manifesto sulle riforme da mettere in campo. Il riferimento dell’oggi è a Catello Maresca (sin qui Sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello partenopea, che ha ottenuto lo scorso 26 maggio dal Plenum del Csm l’aspettativa) in corsa a Napoli e Simonetta Matone (sostituto Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Roma) che nella Capitale si candida a ricoprire il ruolo di “pro-sindaco”. Il ticket fa parlare il Nazareno di “evidente contraddizione” per il centrodestra “che prima si distingue per la caccia alle responsabilità dei magistrati e poi finisce per candidarne due, con una pericolosa commistione dei piani”.  

La replica del centrodestra non si fa attendere “Letta non se n’è accorto quando si sono candidati Emiliano, De Magistris e Ingroia? È il classico due pesi e due misure” tuona Giorgia Meloni. “Se un magistrato si candida con la sinistra va bene e se lo fa con la Lega o con il centrodestra va male?” le fa eco Matteo Salvini. La tensione, comunque, comincia a salire. Le Amministrative di ottobre saranno il primo banco di prova per i partiti dopo l’arrivo di Mario Draghi, i leader lo sanno e si preparano alla campagna elettorale. In serata, Letta prova ad abbassare i toni pur apprezzando “le parole d’incoraggiamento” arrivate da Nicola Zingaretti (“Vinceremo noi, in tutte e cinque le grandi città. A Roma il centrodestra non ha proposte politiche”, azzarda il Governatore del Lazio) epredica cautela: “Andiamo passo passo, facciamo le scelte giuste. Sono elezioni amministrative, io lo dico subito: non trarrò scelte politiche se andranno in un verso che nell’altro”, mette in chiaro, parlando più alle diverse anime del suo partito che agli avversari. Il voto nella città “non sarà il preludio delle Politiche, che vanno costruite con determinazione e allargando il campo”, è la linea. 

Conte cerca exit strategy su terzo mandato, ma la strada è stretta

Giuseppe Conte non ha ancora assunto (ufficialmente) il suo ruolo di leader ma le varie anime del Movimento 5 Stelle sono già in pressing per capire cosa accadrà nel processo di rifondazione, a partire da Beppe Grillo, che gli ha ribadito ancora una volta di non voler assolutamente toccare il tetto dei due mandati. L’ex premier, dunque, si trova già a recuperare le vesti del mediatore: confermando la regola si assicurerebbe la benevolenza del garante ma rischierebbe seriamente di scontentare la vecchia guardia, se invece decidesse di abrogarla, a prendersela a male sarebbe il blocco di parlamentari al primo mandato. Anche la classica via di mezzo potrebbe rivelarsi un boomerang, perché una deroga selettiva solo per alcune figure di primo piano farebbe saltare la mosca a chiunque, innanzitutto agli esclusi. Da quello che deciderà di fare dipenderà l’approccio iniziale della sua leadership, almeno per quel che riguarda l’influenza sui gruppi parlamentari: non è poca cosa, se uno degli obiettivi sarà quello di far sentire il fiato dei Cinquestelle sul collo di Mario Draghi

In alcuni ambienti M5S inizia a farsi largo anche l’ipotesi che il neo Movimento debba dotarsi di una seconda gamba, un’anima ortodossa che bilanci le mire moderate del nuovo progetto. In questo senso potrebbe tornare utile una lista, esterna, con cui fare, magari, alleanze sui territori e chissà se Nicola MorraBarbara Lezzi e gli altri ideatori del cosiddetto Contromovimento non possano tornare utili alla causa. Alessandro Di Battista da par suo punge gli ex compagni: “È avvilente che moltissimi parlamentari del M5S, a pandemia non ancora finita, con la classe media al collasso e una crisi sociale fuori dal comune, preferiscono metter bocca sulla regola del doppio mandato”. Nel frattempo Conte, che incassa il ritorno ai gruppi parlamentari di Rocco Casalino nella nuova veste di consulente per radio e televisioni, assicura che il campo in cui agirà il suo M5S è quello riformista e progressista, confermando che nel logo apparirà anche la data 2050, “perché il neo Movimento deve porsi obiettivi di largo respiro”. L’ex premier assicura che il partito sarà “completamente rinnovato, votato all’innovazione, radicalmente riformistico” e “molto attento alle trasformazioni del mondo del lavoro”. Comunque sia sono ancora molti i passi da compiere per portare a compimento la transizione del Movimento e Conte deve ancora dimostrare se ha la stoffa del leader di partito. 


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