Responsabilità amministrativa: condanna di un Responsabile di una Fondazione per negligenza relativa all’erogazione di assegni familiari

Responsabilità amministrativa: condanna di un Responsabile di una Fondazione per negligenza relativa all’erogazione di assegni familiari

Corte dei conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, Sentenza n. 158 del 15 aprile 2014

Oggetto

Condanna del Responsabile delle paghe di una Fondazione teatrale per la negligenza dimostrata nel riconoscere gli assegni per il nucleo familiare: conferma della Sentenza territoriale n. 3258/2012.

Premessa

In questa importante Fondazione culturale, il Responsabile del Servizio “Paghe e contributi” aveva, secondo l’accusa, violato “gli obblighi connessi alla funzione svolta ed alle mansioni del livello contrattuale di appartenenza omesso di compiere molteplici adempimenti funzionali alla corretta erogazione degli assegni per il nucleo famigliare al personale dipendente della Fondazione”, creando un danno stimato in oltre 1 milione di Euro. Veniva evidenziato che l’interessato era stato condannato dal Tribunale di Palermo “alla reclusione di anni 1 e mesi 4”, oltre alla multa di Euro 400 “per il reato di truffa aggravata e continuata in concorso con taluni dipendenti del Teatro”.

Sulla base di successivi elementi, la Procura chiedeva la condanna per un danno di circa 800.000 Euro “pari alle somme ancora oggetto di procedure di recupero”. I Giudici di primo grado (Sentenza n. 3258/2012) accolgono tale richiesta, tenuto conto del soddisfacente grado di affidabilità degli esiti degli accertamenti effettuati (senza che la difesa abbia fornito prove in grado di rappresentare conclusioni divergenti). L’interessato ricorre in appello, che viene respinto. I Giudici non ritengono di esercitare il “potere riduttivo” del danno.

Sintesi della Sentenza

La Procura territoriale sostiene che “l’inosservanza delle regole che disciplinano la materia della corresponsione degli assegni per il nucleo familiare e la negligenza dimostrata nella gestione del servizio, caratterizzata dall’assenza di qualsivoglia intervento di verifica sulla regolarità delle somme corrisposte, avrebbero integrato, gli estremi della colpa grave”.

Con la Sentenza del Tribunale penale del maggio 2011 nella quale, evocando le risultanze dei calcoli effettuati dal Nucleo dell’Ispettorato del Lavoro, si affermava che “le somme indebitamente percepite dagli imputati ammontano a circa 600.00,00 Euro”, veniva pronunciata condanna generica degli imputati al risarcimento del danno nei confronti della parte civile e stabilita una provvisionale complessiva di 25.500 Euro.

Fin dall’inizio, l’interessato ha sostenuto che non era ancora certo il presunto danno erariale, considerato che parte delle erogazione agli impiegati, prima contestati, erano stati riconosciuti validi dalla commissione istituita dalla Fondazione e di quelli reputati illeciti una quota, non puntualmente specificata, era comunque stata recuperata; inoltre non era stato provato dalla Procura alcun nesso di causalità tra il presunto danno subito dall’Ente e l’attività amministrativa dell’odierno convenuto; infine non era stato spiegato quale condotta posta in essere dall’A. avrebbe causato il presunto danno erariale, considerato che lo stesso si limitava ad inoltrare il riconoscimento del beneficio degli assegni familiari in base alla documentazione prodotta dai dipendenti.

I Giudici d’appello, nel confermare la Sentenza di primo grado affermano che “nel giudizio di responsabilità amministrativa non si configura, di regola, un ‘litisconsorzio necessario’ tra i soggetti presunti Responsabili di un danno erariale, considerata la ‘natura personale e parziaria” di tale tipologia di responsabilità e dovendo il Giudice contabile (secondo la consolidata giurisprudenza) valutare l’incidenza causale ascrivibile ai comportamenti tenuti da tutti i soggetti (anche se non formalmente citati in giudizio) che abbiano comunque influito sulla genesi del danno.

Nella prospettazione fattane dal Pm. e condivisa dai primi Giudici, la fattispecie oggetto del presente giudizio si connoterebbe per la colpa grave del soggetto che, nella sua veste di Responsabile dell’Ufficio “Paghe”, avrebbe omesso tutta una serie di controlli e verifiche che la corretta gestione del procedimento amministrativo di riconoscimento dell’assegno ai richiedenti avrebbe richiesto.

Sia il Pm. agente che i primi Giudici, quindi, hanno ritenuto che la valenza causale del comportamento del soggetto si risolvesse nella totalità delle somme erogate, impregiudicata, ovviamente, l’azione di recupero, da parte dell’Amministrazione, a carico degli indebiti percettori. Infatti, non è escluso che il danno di cui alla Sentenza di prime cure possa medio tempore ridimensionarsi, non solo per le procedure esecutive incoate dalla Fondazione a carico degli indebiti percettori, ma anche per i volontari riversamenti che da parte di questi ultimi dovessero verificarsi nel tempo. Si tratta però di evenienze delle quali la Fondazione potrà e dovrà tenere conto in sede di esecuzione della eventuale Sentenza definitiva di condanna da parte di questa Corte nei confronti del soggetto, senza la necessità che già, in sede di valutazione del merito, si pervenga ad uno specifico accertamento in termini.

Nel merito, poi, l’appellante lamenta il difetto dei presupposti per la condanna, per mancanza di colpa grave e di nesso di causalità con i comportamenti dell’appellante.

Anche questa censura è infondata, affermano i Giudici d’appello.

L’assegno per il nucleo familiare è una prestazione a sostegno delle famiglie dei lavoratori dipendenti e dei titolari di prestazione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, disciplinata dall’art. 2 della Legge 13 maggio 1988, n. 153. Esso compete in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare, alla tipologia del nucleo familiare ed al reddito del nucleo familiare; viene pagato dal datore di lavoro, per conto dell’Inps, ai lavoratori dipendenti in attività, in occasione del pagamento della retribuzione, ovvero, in talune ipotesi (nel caso in cui il richiedente sia addetto ai servizi domestici, operaio agricolo dipendente a tempo determinato, lavoratore di ditte cessate o fallite, lavoratore iscritto alla gestione separata ovvero abbia diritto agli assegni come beneficiario di altre prestazioni previdenziali), direttamente dall’Inps. Per ottenere l’assegno, il dipendente è onerato di produrre la richiesta redatta su apposito Modello (Mod. Anf/dip), corredata della documentazione di supporto o di apposita autocertificazione.

Come correttamente rilevato dai primi Giudici, nella procedura di erogazione degli Anf presso la Fondazione erano coinvolti diversi Uffici: l’Ufficio “Paghe e Contributi”, l’Ufficio di “Elaborazione Dati” e l’Ufficio “Ragioneria”. In tale procedura, tuttavia, ruolo principale e determinante era svolto dal primo, essendo gli altri gravati di adempimenti esecutivi che, comunque, non contemplavano la valutazione della spettanza e della consistenza dell’assegno da corrispondere ai lavoratori.

Hanno chiarito i primi Giudici come risultasse documentato che l’Ufficio “Paghe”, pur in assenza di una sequenza formalizzata, di fatto, una volta ricevuta la richiesta di erogazione di Anf procedeva alla compilazione dei c.d. “fogli di evidenza” dove venivano annotati gli emolumenti da erogare. Tali fogli poi venivano trasmessi ad altre unità operative per gli adempimenti conseguenti. Strumentale alla compilazione dei fogli era la valutazione dei requisiti legittimanti l’erogazione – per quanto qui d’interesse – dell’assegno, ed, in primo luogo, delle risultanze della documentazione o della ritualità dell’autocertificazione a corredo della pertinente istanza.

Detta verifica, per come hanno rilevato i primi Giudici, sulla base della documentazione in atti, non risulta essere stata curata con la diligenza ed accuratezza che un’attività avente immediati e estremamente significativi riflessi finanziari per l’Ente, da un lato, e la tipologia delle mansioni disimpegnate, dall’altro, avrebbero richiesto.

Più in dettaglio, risulta provato come il soggetto, nel periodo di riferimento, nell’Ufficio “Paghe”, abbia operato solitariamente, in completa autonomia, esercitando le prerogative tipiche del livello posseduto (I Livello del Ccnl. di Categoria). Fra tali prerogative rientrava certamente anche la verifica dei requisiti per la fruizione degli assegni per nucleo familiare.

Sennonché, le verifiche condotte hanno evidenziato che, in molti casi, non era stata acquisita la documentazione di supporto; in altri casi, quella reperita, o era gravemente carente e perciò inidonea a giustificare l’erogazione dell’emolumento, o comprovava situazioni che precludevano l’erogazione dell’assegno oppure ne consentivano l’erogazione in misura minore.

Non può non concordarsi con i primi Giudici, in ordine alla affermazione secondo la quale l’avere il convenuto consentito, con condotta dotata di efficienza causale assolutamente determinante, l’erogazione di Anf in condizioni tali che non davano diritto al pagamento dell’emolumento o al pagamento dell’emolumento stesso nella misura concretamente corrisposta, integra una negligenza nel disimpegno delle mansioni che assume i connotati della colpa grave. Ed infatti, non essendoci alcun riscontro documentale circa il fatto che per l’ottenimento degli Anf gli interessati hanno presentato rituali istanze corredate della prescritta documentazione, anzi, essendo documentato che la documentazione riguardante detti emolumenti, reperita presso l’Ente, era grandemente incompleta e che addirittura parte di essa è stata rinvenuta presso l’abitazione del convenuto, deve ritenersi che quest’ultimo non abbia preteso la corretta formalizzazione delle istanze e comunque, non abbia valutato, con il rigore e l’accuratezza che le circostanze imponevano, la spettanza dell’assegno o la misura del beneficio realmente concedibile.

Commento

Nessun controllo è mai stato effettuato sulle procedure che l’Ufficio “Personale” di questa Fondazione teatrale adottava per l’erogazione degli assegni famigliari e sulla conservazione della documentazione (risulta che parte della documentazione è stata trovata nell’abitazione del funzionario). L’importo pagato è ingente (inizialmente quantificato in Euro 1.080.459,43, poi ridotto a Euro 796.267,86 addebitati all’interessato). Sarebbe interessante conoscere l’ammontare dei 2 recuperi (almeno quelli dei percettori condannati dal Tribunale penale per truffa). E’ una vicenda che dimostra la necessità di maggiori controlli interni (Ragioneria, Organo di revisione, Consiglio di Amministrazione, ecc.).

di Antonio Tirelli


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