Responsabilità amministrativa: condanna di un Sindaco per la liquidazione di lavori incompleti o mai realizzati

Corte dei conti, Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello – Sentenza n. 194 del 10 novembre 2020
Oggetto:
Condanna di un Sindaco, quale anche Responsabile del Servizio “Lavori pubblici”, per aver liquidato compensi per lavori non realizzati o incompleti: modifica Sentenza della Sezione territoriale per il Veneto n. 116/2018.
Fatto:
A seguito di sollecitazione del Sindaco neoeletto di questo Comune (3.400 abitanti), la Procura contabile inizia delle indagini per accertare un danno erariale “derivante da lavori pubblici non integralmente eseguiti su di un immobile del Comune”. Le indagini si basano anche su una Perizia richiesta ad un Perito tecnico, disposta dal Pm. in sede di analogo procedimento penale. Vengono quindi coinvolti l’ex Sindaco (quale Responsabile del Servizio “Lavori pubblici”), il Direttore dei lavori ed il Rup (Responsabile del procedimento). Il danno accertato e contestato ammonta ad oltre Euro 140.000.
L’ex Sindaco sottolinea che la rendicontazione dei lavori fu approvata dalla Giunta e che un Geometra dell’Ufficio “Tecnico” del Comune, per non essendogli stato attribuito alcun formale ruolo, “avrebbe svolto il ruolo di tramite con le Imprese e quindi di fatto il ruolo di Responsabile del procedimento”. L’ex Sindaco conclude la sua difesa affermando che la Giunta, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 53, comma 23, della Legge n. 388/2000, gli aveva conferito la responsabilità dell’Area “Tecnica”, ma non anche la responsabilità del procedimento delle opere pubbliche e/o degli approvvigionamenti dei lavori/servizi/forniture in economia.
I Giudici territoriali (Sentenza n. 116/2018) sottolineano che l’ex Sindaco ha attestato la regolare esecuzione “in calce alla rendicontazione dei lavori, salvo poi eccepire, in sede di memoria di costituzione del presente giudizio, di non possedere le necessarie competenze tecniche e di non essersi sempre avvalsa di altri soggetti. Tale prospettazione, lungi da limitare la responsabilità della convenuta, né aggrava la posizione”. Infatti – continuano i Giudici – se l’ex Sindaco non si era occupato in prima persona del concreto riscontro sulla corretta esecuzione delle opere e/o delle forniture, “avrebbe potuto e dovuto impartire idonee disposizioni ad dipendenti del Comune addetti al Servizio”. Concludono i Giudici territoriali che, da testimonianza in sede penale, l’ex Sindaco “impartiva direttive ai dipendenti del Settore e ordinava, in particolare, la predisposizione degli atti di liquidazione della spesa”.
In conclusione – affermano i Giudici – “con la sua condotta gravemente negligente”, l’ex Sindaco “contribuiva fattivamente alla realizzazione di un Sistema di contabilizzazione e di rendicontazione non corrispondente al vero e teso ad attestare la realizzazione di opere e l’esecuzione di forniture che nella realtà non erano state eseguite o lo erano soltanto in parte”. La conclusione è la condanna per un importo di Euro 110.439,46.
L’interessato presenta ricorso.
I Giudici di 2° grado decidono di ridurre ad Euro 64.428,14 il danno a suo carico (20% in meno da addebitare ad altri non convenuti).
Sintesi della Sentenza:
I Giudici esaminano la documentazione tecnica ed amministrativa delle opere in contestazione riguardanti le 6 Imprese coinvolte. La difesa dell’ex Sindaco “si sofferma sulla erroneità della quantificazione del danno operata dal Giudice di primo grado per non aver dato rilievo, né alla possibilità, per il Comune, di escutere la fideiussione insistente su ogni lavoro appaltato, né a quella di compensare crediti e debiti, atteso che alcune delle Imprese sono a loro volta creditrici del Comune (per aver effettuato lavori non ancora pagati). Sostiene, inoltre, che l’Amministrazione potrebbe ancora esigere l’adempimento o chiedere la restituzione delle somme liquidate sine titulo, facendo in tal modo estinguere la materia del contenere. Il Collegio non ritiene fondate le censure di parte. In via generale, si deve premettere che l’azione di responsabilità incontra solo un limite di procedibilità per difetto di interesse originario o sopravvenuto, allorquando le ragioni di credito erariale siano già state integralmente soddisfatte con l’accordo transattivo stipulato con l’Amministrazione danneggiata. Inoltre, il parziale recupero del danno erariale in sede civile o transattiva può senza dubbio avere un effetto decurtante rispetto alla pretesa azionata a condizione, tuttavia, che le somme risarcite dalle parti convenute siano espressamente riferibili ai casi e alle imputazioni oggetto del giudizio contabile. La prova dell’avvenuta conclusione delle opere sarebbe spettata all’appellante, in base al fondamentale Principio secondo cui onus probandi incumbit ei qui dicit, tenuto conto che, nella pubblica amministrazione, la fase che definisce la consegna del lavoro, consta di provvedimenti tipici e formali che non sono stati esibiti dalla parte, emergendo esclusivamente quanto verificato dal perito officiato in sede penale che ha constatato -al contrario- la mancata realizzazione delle opere. In ogni caso, il Collegio ritiene che, degli eventuali fatti modificativi o estintivi del credito risarcitorio eventualmente sopravvenuti, si potrà tener conto in sede esecutiva, con la conseguenza che la convenuta potrà essere obbligata a corrispondere esclusivamente la differenza rispetto a quanto recuperato.”
I Giudici concludono affermando che l’ex Sindaco, quale Responsabile del Servizio “Tecnico” avrebbe “sottoscritto il parere di regolarità tecnica allegato al verbale di deliberazione nelle cui premesse erano menzionate le attestazioni, sulle fatture emesse dalle Imprese, del Dl. e del ‘Responsabile del servizio’”.In definitiva, l’appellante ha, con riguardo a tutti i lavori oggetto del giudizio, certificato l’avvenuto espletamento di un’istruttoria tecnica che non era stata svolta, sottoscrivendo altresì gli atti di liquidazione dei pagamenti sul dichiarato presupposto, non corrispondente al vero, che le opere erano state eseguite integralmente. Proprio il ruolo gestorio svolto dall’appellante le impedisce, come ha correttamente rilevato il primo Giudice, di“invocare alcuna esimente derivante dalla carenza delle necessarie competenze tecniche”(anzi, la mancata nomina del Rup ha costituito ulteriore inadempimento degli obblighi che gravavano su di lei).
Deve ritenersi confermata dunque la sussistenza della responsabilità, senza la possibilità in questa sede di invocare l’esimente politica atteso quanto sopra considerato, in conformità con le conclusioni del Giudice di prime cure, trattandosi cioè di esonero riservato dall’art. 1, comma 1-ter, della Legge n. 20/1994, ai titolari degli Organi politici, mentre, nella fattispecie, l’ex Sindaco ha svolto attività tecnico-gestionale. Se, per un verso, va dunque ribadito il ruolo della stessa come principale e maggiore responsabile, ciò nondimeno deve tuttavia evidenziarsi una partecipazione concausale a carico degli altri soggetti che ratione officii dovevano e potevano opporsi alla liquidazione dei compensi, anziché limitarsi a predisporre pedissequamente i certificati richiesti dall’ex Sindaco, “coscienti che le opere non erano state realizzate (vedasi le numerose dichiarazioni in sede penale)”.
Commento:
Il Comune è piccolo; il Sindaco, anche se dichiara di “non possedere nozioni tecniche”, assume anche il ruolo di Responsabile dei Lavori pubblici. Risultano in organico 2 Geometri, che si interessano solo occasionalmente dei lavori di cui trattasi. Non risulta, dalla lettura delle 2 Sentenze, un interessamento economico per l’ex Sindaco. Il Comune, con la nuova Amministrazione, cerca di concordare con alcune Imprese che a suo tempo lavoravano nel cantiere, un accordo per poter recuperare una parte delle spese sostenute (ancora non pagate ?). È una brutta storia.
di Antonio Tirelli
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