Rigetto del ricorso per esenzione Ici: mancanza di requisiti

Corte di Cassazione, Ordinanza n. 31643 del 9 dicembre 2024

Focus di Carolina Vallini

Nel caso in esame, il ricorrente aveva impugnato la Sentenza di appello relativa all’Ici per l’anno 2013, sostenendo che il Giudice di secondo grado avesse commesso diversi errori nella valutazione della controversia.

Il ricorrente lamentava, in primo luogo, un vizio di ultrapetizione, sostenendo che il Giudice avesse deciso su una questione – l’assenza del requisito soggettivo per l’esenzione – introdotta tardivamente dal Comune nelle controdeduzioni di primo grado.

In secondo luogo, contestava l’esclusione dell’esenzione fiscale, affermando che l’immobile fosse utilizzato da enti religiosi strutturalmente collegati e senza scopo di lucro, con finalità istituzionali comuni, e che, pertanto, dovesse rientrare nei requisiti previsti dall’art. 7, comma 1, lett. i), del Dlgs. n. 504/1992. Infine, il ricorrente denunciava l’erronea esclusione del principio di proporzionalità per l’uso promiscuo dell’immobile, nonostante l’avvenuto frazionamento catastale e l’utilizzo parziale per attività non commerciali. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando integralmente la Sentenza impugnata.

Sul primo punto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto infondata la doglianza relativa all’ultrapetizione, stabilendo che il Giudice di appello aveva correttamente valutato il requisito soggettivo come parte integrante della controversia. Il requisito dell’utilizzo diretto da parte dell’ente non commerciale era già stato richiamato nel provvedimento di accertamento e discusso nel contenzioso, rendendo legittima la decisione sul punto.

Quanto all’esenzione Ici, la Suprema Corte ha confermato che l’immobile non soddisfaceva i requisiti previsti dalla normativa. Non è stato dimostrato né l’utilizzo diretto da parte dell’ente possessore né un collegamento strutturale e funzionale tra gli enti coinvolti nel comodato e sub-comodato gratuito. Inoltre, mancava la prova del carattere non commerciale dell’attività svolta nell’immobile, elemento indispensabile per accedere all’esenzione.

I Giudici di legittimità hanno ribadito che, secondo giurisprudenza consolidata, l’esenzione compete solo se l’immobile è utilizzato direttamente dall’ente possessore per finalità istituzionali non commerciali o, in caso di utilizzo indiretto, esclusivamente se il bene è concesso a titolo completamente gratuito e senza alcuna forma di remunerazione.

Infine, la Suprema Corte ha escluso l’applicabilità del principio di proporzionalità per l’uso promiscuo dell’immobile. Ha rilevato che, per l’anno 2013, non esisteva un frazionamento catastale valido che consentisse di distinguere le porzioni di immobile destinate ad attività non commerciali. Inoltre, la dichiarazione del ricorrente richiedeva l’esenzione per l’intero immobile, senza specificare un uso misto. Inoltre, i Giudici di legittimità hanno accertato che l’immobile era utilizzato interamente per finalità commerciali, escludendo così qualsiasi possibilità di beneficiare dell’esenzione. In conclusione, viene statuito che l’esenzione Ici non poteva essere riconosciuta per l’anno 2013, poiché mancavano i requisiti previsti dalla normativa fiscale.

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