“Stabilizzazione” del personale: necessario il persistente status di lavoratore “precario”

Nella Delibera n. 15 del 10 febbraio 2021 della Corte dei conti Abruzzo, un Comune ha chiesto se possano accedere alla “stabilizzazione” contemplata dalla “Riforma Madia” anche soggetti che, avendo svolto e svolgendo tuttora prestazioni lavorative nei riguardi del Comune con contratti di lavoro a termine e con rapporto di lavoro part-time a 18 ore settimanali, non siano più precari in quanto risultino titolari, presso un altro Comune, di un contratto di lavoro a tempo indeterminato (sempre con contratto di lavoro part-time a 18 ore settimanali). In altri termini, il quesito riguarda l’ammissibilità della stabilizzazione del personale con rapporto a termine e part-time di 18 ore settimanali che sia già in servizio a tempo indeterminato presso un’altra pubblica amministrazione, con durata della prestazione lavorativa pari a 18 ore settimanali. Inoltre, viene chiesto se, nell’ipotesi in cui la stabilizzazione sia ritenuta ammissibile, è possibile stabilizzare con un contratto a tempo pieno un lavoratore a termine reclutato con una specifica procedura per l’assunzione part-time e non full-time.

L’art. 20 del Dlgs. n. 75/2017 (“Superamento del precariato nelle Pubbliche Amministrazioni”), come noto, è una disposizione che, in via transitoria, ha previsto per il triennio 2018-2020, l’abbandono del fenomeno del precariato nel Comparto pubblico, offrendo una soluzione ai lavoratori che ne siano interessati, in deroga al Principio costituzionale dell’accesso alla Pubblica Amministrazione per concorso pubblico. Infatti, il comma 1 della disposizione citata, nella versione attualmente vigente come da ultimo modificata dal Dl. n. 162/2019, convertito in Legge n. 8/2020 (cd. “Decreto Milleproroghe”), in via eccezionale e fino al 31 dicembre 2021, di effettuare una chiamata diretta o una selezione per quote riservate, subordinatamente alla necessaria ricorrenza di alcune condizioni: coerenza con il piano dei fabbisogni, copertura finanziaria, precedente selezione concorsuale dei candidati aspiranti alla stabilizzazione, 3 anni – anche non continuativi – di precariato maturati al 31 dicembre 2020 (nella precedente versione il riferimento era al 31 dicembre 2017), con un contratto flessibile, almeno parzialmente, successivo al 28 agosto 2015 (data di entrata in vigore della Legge n. 124/2015) presso l’Amministrazione che opera la stabilizzazione. Tali presupposti, essenziali ai fini dell’applicabilità della norma, necessitano, secondo la Sezione, della persistente condizione di “precarietà” del candidato, ossia che il soggetto interessato abbia “un rapporto di lavoro temporaneo senza garanzie di stabilità o continuità, legato a un contratto a termine”, e che – pur avendo dimostrato le proprie capacità nel lavoro flessibile – permanga in tale status nei confronti del datore di lavoro pubblico. Infatti, la visione teleologica del Legislatore è proprio quella del “superamento del precariato”, ratio che viene meno nel momento in cui il lavoratore sia comunque impegnato a tempo indeterminato nel Comparto pubblico. Dunque, in base a quanto sopra, la Sezione non ritiene che si possa considerare conforme alla ratio legis del “superamento del precariato” la stabilizzazione di un lavoratore già legato da un contratto subordinato a tempo indeterminato nel Comparto pubblico. Pertanto, ogni decisione diversa sarebbe illegittima in quanto l’esistenza di un rapporto di lavoro stabile integra un antefatto incompatibile con l’idea stessa di stabilizzazione in quanto viene meno la condizione di lavoratore temporaneo. Rimossa la condizione di precariato non si può quindi incorrere in alcuna stabilizzazione, in quanto si cadrebbe in un’evidente contraddizione.

Infine, per quanto riguarda il secondo quesito, relativo alla possibilità di stabilizzare con un contratto a tempo pieno un lavoratore a termine, reclutato con una specifica procedura per l’assunzione part-time e non full-time, la Sezione ha chiarito come, ai fini dell’ammissibilità della stabilizzazione, i candidati debbano trovarsi in situazioni di lavoro precario pubblico, e ogni altra valutazione discriminante di ammissibilità in base alla forma oraria prevista nell’impiego verrebbe a violare il Principio di parità di trattamento. Infatti, la forma contrattuale flessibile non può essere interpretata in maniera restrittiva in contrasto con le finalità espresse dal Legislatore. Dunque, la scelta dell’Amministrazione deve essere coerente, anche in termini di ragionevolezza, rispetto alla selezione già effettuata ed alla finalità per la quale si provvede alla stabilizzazione, procedendo in maniera più stringente e con adeguata motivazione se la stabilizzazione avviene in forma diretta.