Tarsu sui rifiuti alberghieri: può essere diversa da quella per le abitazioni private

Nell’Ordinanza n. 1978 del 26 gennaio 2018 della Corte di Cassazione, una Società immobiliare impugnava la cartella di pagamento con la quale un Comune siciliano aveva richiesto il pagamento della Tarsu relativa all’anno 2008. In particolare, nel caso di specie, i Giudici di legittimità si esprimono sulla legittimità o meno della Delibera comunale in cui la categoria degli esercizi alberghieri viene distinta da quella delle civili abitazioni ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore rispetto a quest’ultime. La Suprema Corte chiarisce che, in tema di Tarsu, è legittima la Delibera comunale di approvazione del Regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni, ed assoggettata ad una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime, in quanto la maggiore capacità produttiva di un esercizio alberghiero rispetto ad una civile abitazione costituisce un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei Regolamenti comunali in materia, ed assunto quale criterio di classificazione e valutazione quantitativa della tariffa anche dal Dlgs. n. 22/97, senza che assuma alcun rilievo il carattere stagionale dell’attività, il quale può eventualmente dar luogo all’applicazione di speciali riduzioni d’imposta, rimesse alla discrezionalità dell’Ente impositore.

I rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma 2, del Dlgs. n. 507/93, tra gli elementi di riscontro della legittimità della Delibera, non vanno d’altronde riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica.