Accertamento antielusivo: richiesta chiarimenti al contribuente non può essere sostituita da dichiarazioni rese in sede di verifica

Con la Sentenza n. 693 del 16 gennaio 2015, la Corte di Cassazione ha esaminato un ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate in una controversia riguardante un avviso di accertamento antielusivo nei confronti di una Spa, ma non preceduto dalla richiesta di chiarimenti prescritta, a pena di nullità, dall’art. 37-bis, comma 4, del Dpr. n. 600/73. I Giudici di legittimità osservano che in base all’art. 37-bis, del Dpr. n. 600/73, l’avviso di accertamento deve essere emanato, a pena di nullità, “previa richiesta al contribuente, anche per lettera raccomandata, di chiarimenti da inviare per iscritto entro 60 giorni dalla data di ricezione della richiesta nella quale devono essere indicati i motivi per cui si reputano applicabili i commi 1 e 2”. Inoltre, l’avviso di accertamento deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, in relazione alle giustificazioni fornite dal contribuente.
Quindi la Suprema Corte in base alla norma sopra citata ritiene che, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio, la richiesta di chiarimenti al contribuente concorra alla formazione della valutazione preventiva rispetto all’emanazione dell’avviso di accertamento, da parte dell’Amministrazione finanziaria circa il fine elusivo delle operazioni e che, pertanto, non possono ritenersi alla stessa equipollenti “l’attività svolta dai verbalizzanti in sede di verifica e le eventuali dichiarazioni rese in tale sede dal contribuente”. In conclusione quando l’Ufficio intenda contestare fattispecie elusive, l’avviso di accertamento deve essere sempre preceduto dalla richiesta di chiarimenti. A tale atto formale non suppliscono le contestazioni mosse dai verbalizzanti e le osservazioni eventualmente opposte dal contribuente al momento della verifica.
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