Iva: confermato che in caso di Accordi transattivi il semplice “non fare” configura una prestazione di servizio

L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 212 del 26 marzo 2021, ha trattato il tema della rilevanza Iva, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, della somma erogata nell’ambito di un sopravvenuto Accordo transattivo.

Nel caso di specie, una Regione ha appaltato ad un Ati l’esecuzione di lavori urgenti relativi alla realizzazione delle adduttrici, delle reti fognarie e della razionalizzazione della depurazione per il risanamento igienico-sanitario di un comprensorio di Comuni. Successivamente sono sorti dei problemi e si è giunti alla stipula di un Accordo transattivo.

Il quesito interpretativo concerne il corretto trattamento fiscale da riservare, ai fini Iva, alla somma che la Regione si è impegnata a corrispondere all’Ati per effetto di tale Accordo transattivo sottoscritto tra le parti, volto a definire il contenzioso pendente presso il Tribunale civile in relazione alle contestazioni insorte nell’ambito del contratto di appalto.  In sede di composizione bonaria, la Regione ha riconosciuto all’Ati un importo forfettario a fronte della rinuncia da parte di quest’ultima alla prosecuzione del giudizio in corso.

Ciò premesso, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che una somma di denaro assume rilevanza ai fini Iva se corrisposta a titolo di controvalore (rectius corrispettivo) di una cessione di beni o di una prestazione di servizi specificamente individuate. Diversamente, sono escluse dalla sfera impositiva, per carenza del presupposto oggettivo, le somme erogate a titolo di liberalità ovvero aventi carattere meramente risarcitorio. Ai fini dell’individuazione del trattamento fiscale in concreto applicabile, occorre pertanto individuare la “funzione economica” delle somme dedotte in contratto, rilevanti agli effetti dell’Iva se corrisposte a fronte di obblighi di fare, non fare o permettere a carico della controparte negoziale (vedasi CGE Causa C277/05 del 18 luglio 2007, nonché ex multis Risoluzione n. 110/E del 15 maggio 2003).

Ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972 risultano infatti imponibili “le prestazioni di servizi verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obblighi di fare, non fare o permettere quale ne sia la fonte”.

Nella Sentenza n. 20233/2018 la Corte di Cassazione ha peraltro precisato che “la prestazione è un’operazione soggetta a Iva anche quando la stessa si risolve in un semplice non fare o come nel nostro caso in un permettere e purché si collochi all’interno di un rapporto sinallagmatico”. Tale impostazione appare in linea con le indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria, secondo cui, tenuto conto della definizione omnicomprensiva della base imponibile Iva, “una prestazione di servizi viene effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, paragrafo 1, lett. c), della Direttiva 2006/112, e configura pertanto un’operazione imponibile, soltanto quando tra il prestatore e l’utente intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, nel quale il compenso ricevuto dal prestatore costituisce il controvalore effettivo del servizio prestato all’utente” (vedasi Sentenza 2 giugno 2016, Causa C-263/15 Lajvér Meliorációs Nonprofit e Lajvér Csapadékvízrendezési Nonprofit). In tal senso si è espressa anche la Sentenza 3 settembre 2015, Causa C-463/14 (paragrafi 35 e 36).

Nel caso di specie, a parere dell’Agenzia la circostanza che la somma in esame venga erogata a fronte della rinuncia da parte dell’Ati all’esercizio di ogni ulteriore pretesa nei confronti della Regione in relazione al contenzioso in corso, consente di qualificare la stessa come il corrispettivo previsto per l’assunzione di una obbligazione rilevante agli effetti dell’Iva. Sul punto, l’esplicita rinuncia da parte dell’Ati appaltatrice alle riserve e alle domande di cui all’atto di citazione nonché della rinuncia a tutte le altre riserve presentate dalla stessa configura un’obbligazione che soddisfa il presupposto impositivo di imposta, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del Dpr. n. 633/1972, per cui l’Ati dovrà emettere fattura in “split payment”, ai sensi dell’art. 17-ter del Dpr. n. 633/1972.