Rapporto Fisco-contribuenti: definiti il concetto di abuso del diritto ed elusione fiscale e il regime dell’adempimento collaborativo

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 190 del 18 agosto 2015 il Dlgs. 5 agosto 2015, n. 128, recante “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra Fisco e contribuente, in attuazione degli artt. 5, 6 e 8, comma 2, della Legge 11 marzo 2014, n. 23”, in vigore dal 2 settembre 2015.

Se ne sintetizzano di seguito i contenuti, rinviando per maggiori dettagli al testo del Decreto.

Abuso del diritto ed elusione fiscale

L’art. 1 del Provvedimento riguarda le modifiche apportate allo “Statuto del contribuente” (Legge n. 212/00) dalla richiamata Legge n. 23/14, in materia di abuso del diritto e di elusione fiscale.

Con l’introduzione, ex novo, dell’art. 10-bis (“Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”), si è sancito che “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni”.

Si considerano “operazioni prive di sostanza economica (…..) i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”. Sono indici di mancanza di sostanza economica, in particolare, la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato.

Si considerano “vantaggi fiscali indebiti” i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario.

Non si considerano abusive, in ogni caso, “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.”.

Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.

Il contribuente può proporre apposita istanza di interpello per conoscere se le operazioni che intende realizzare, o che siano state realizzate, costituiscano fattispecie di abuso del diritto.

L’abuso del diritto viene accertato attraverso apposito atto, preceduto a pena di nullità dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti da fornire entro 60 giorni, in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto.

L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio. Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali.

Le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie. Resta ferma l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie.

Le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non potevano verificarsi. A tal fine, il contribuente presenta istanza di interpello ai sensi del Regolamento del Mef 19 giugno 1998, n. 259. Resta fermo il potere del Mef di apportare modificazioni a tale Regolamento.

Le disposizioni del nuovo art. 10-bis dello “Statuto del contribuente” hanno efficacia a decorrere dal 1° ottobre 2015 e si applicano anche alle operazioni poste in essere in data anteriore alla loro efficacia per le quali alla stessa data non sia stato notificato il relativo atto impositivo.

Raddoppio dei termini per l’accertamento

L’art. 2 modifica la disciplina del raddoppio dei termini per l’accertamento prevedendo, attraverso l’aggiunta di un ultimo periodo all’art. 43, comma 3, del Dpr. n. 600/73 e all’art. 57, comma 3, del Dpr. n. 633/72, che “il raddoppio non opera qualora la denuncia da parte dell’Amministrazione finanziaria, in cui è ricompresa la Guardia di Finanza, sia presentata o trasmessa oltre la scadenza ordinaria dei termini di cui ai commi precedenti”.

Regime del cosiddetto “adempimento collaborativo

La terza parte del Decreto (artt. da 3 a 7) è dedicata al regime del così definito “adempimento collaborativo” tra Amministrazione finanziaria e contribuenti, istituito al fine di:

  • promuovere l’adozione di forme di comunicazione e di cooperazione rafforzate basate sul reciproco affidamento tra Amministrazione finanziaria e contribuenti;
  • favorire nel comune interesse la prevenzione e la risoluzione delle controversie in materia fiscale.

Per aderire al regime dell’adempimento collaborativo occorre che i contribuenti possiedano i requisiti indicati all’art. 4 del Dlgs. n. 128/15, e ciò comporta l’assunzione, sia in capo all’Agenzia delle Entrate che ai contribuenti, dei doveri di cui al successivo art. 5, producendo gli effetti agevolativi per i contribuenti indicati all’art. 6.

L’art. 7 infine indica le competenze dell’Agenzia delle Entrate e dei contribuenti e le procedure che devono essere seguite.

Con uno o più Provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle Entrate sono disciplinate le modalità di applicazione del regime di “adempimento collaborativo”.