Un enorme divario tra quanto speso per il sociale nel Sud e nel Nord del Paese e un taglio superiore all’80% in 7 anni delle risorse che alimentano il “Fondo per le politiche sociali”, la cui dotazione è passata da 1,6 miliardi di Euro del 2007 ai 297 milioni del 2014. E’ il preoccupante quadro emerso da una recente ricerca del Censis che ha evidenziato enormi sproporzioni che dividono la penisola.
Ai 282 Euro spesi ad abitante dai Comuni della Provincia di Trento fanno da contraltare i 25 Euro spesi per ogni cittadino calabrese.
Complessivamente, la spesa sociale dei Comuni supera i 7 miliardi di Euro l’anno, pari a 115,7 Euro per abitante. Queste risorse vengono investite soprattutto in interventi e servizi (38,9%), funzionamento delle strutture (34,4%) e trasferimenti in denaro (26,7%).
Quanto ai destinatari di tale risorse, dallo studio emerge che a fare la “parte del leone” sono le famiglie e i minori (40%), seguiti da disabili (23,2%), anziani (19,8%), indigenti e senza tetto (7,9%).
Quanto al divario territoriale, il Censis rileva che il Sud presenta una spesa media pro-capite che ammonta a meno di un terzo (50,3 Euro) di quella del Nord-Est (159,4 Euro) e che il Mezzogiorno è l’area del Paese in cui è maggiore il peso dei trasferimenti statali rispetto alle risorse proprie dei Comuni. A fronte di una media nazionale del 62,5% di spesa per il welfare locale coperta dai Comuni, le Amministrazioni meridionali si fanno carico di meno della metà delle stesse, attingendo per il resto a risorse statali.
“In questo scenario – scrive l’Istituto di ricerca socioeconomica italiana – sono fondamentali le reti di sostegno informali, con il ruolo centrale della famiglia. Il Volontariato e il Non profit rappresentano però una componente fondamentale del nostro modello di Welfare, in grado di contribuire in modo significativo all’erogazione di servizi e prestazioni sul territorio, garantendo la tenuta sociale rispetto agli impatti della crisi. Le Istituzioni non profit nel nostro Paese sono più di 300.000 e vi operano 5,4 milioni di persone tra lavoratori e volontari”.
Anche da questo punto di vista, la ricerca ha messo in luce sproporzioni notevoli tra Nord e Sud Italia. Le Istituzioni non profit sono 104 ogni 10.000 abitanti in Valle d’Aosta, 100 in Trentino Alto Adige, 82 in Friuli Venezia Giulia, contro le 41 ogni 10.000 abitanti in Calabria, 40 in Sicilia, 37 in Puglia e 25 in Campania.
Il Censis evidenzia poi come sia consistente il finanziamento pubblico delle attività non profit nel campo sanitario, dell’assistenza sociale e della protezione civile: 13,5 miliardi di Euro, pari al 63% del loro budget complessivo. Il ruolo delle Cooperative sociali (se ne contano attualmente 5.600, con 225.000 addetti) diventa sempre più cruciale. “Tra il 2001 e il 2014 si registra un incremento dell’11,8% del sistema cooperativo nell’insieme, superiore all’incremento complessivo delle Imprese (+5,1%). E giocano un ruolo predominante nel mercato dei Servizi sociali, grazie ai bandi e alle gare di appalto dei soggetti pubblici, anche a fronte della scarsa presenza di Imprese private for profit, meno interessate a quelle aree del sociale in cui i margini di profitto sono limitati. Ma il fatto più problematico è una sorta di informalità diffusa, che rende possibile al soggetto pubblico di trovare il mezzo per risparmiare sulle risorse allocate innescando una concorrenza al ribasso tra le Cooperative sociali, senza l’adeguata attenzione alle differenze nelle specializzazioni, nella competenza del personale impiegato, nella qualità dei servizi resi”.