Conciliazione tributaria e limiti costituzionali

Nella Delibera n. 72 del 13 agosto 2021 della Corte dei conti Molise, la Sezione specifica che, in materia tributaria, è tradizionalmente enunciata l’esistenza del Principio di assoluta indisponibilità della pretesa, che trova origine in numerosi Principi costituzionali: riserva di legge ex art. 23 della Costituzione (che demanda esclusivamente al Legislatore il compito di indicare i criteri per determinazione del contenuto dell’obbligazione tributaria), capacità contributiva di cui all’art. 53, comma 1, della Costituzione (da cui si trae l’obbligo di assicurare l’eguaglianza dei cittadini in sede di riparto del carico impositivo), imparzialità della Pubblica Amministrazione ex art. 97 della Costituzione. La preclusione rispetto a poteri dispositivi diretti a incidere sul quantum del tributo non subisce tendenzialmente eccezioni con riferimento all’obbligo di pagare il debito di imposta.

Tuttavia, sono noti gli orientamenti contrastanti, anche della giurisprudenza di legittimità, in ordine alla natura, negoziale o meno, dell’istituto della “conciliazione giudiziale”. La facoltà di definizione concordata della lite, disciplinata dagli artt. 48 e seguenti, del Dlgs. n. 546/1992, secondo un diffuso orientamento, costituirebbe appunto una deroga al Principio della cosiddetta “indisponibilità del credito tributario”, e troverebbe applicazione in assenza di particolari limiti relativamente alla tipologia delle controversie conciliabili.

Orbene, con riferimento al potere di conciliazione degli Enti o Uffici impositori, la Sezione chiarisce che la facoltà di conciliare le controversie riservate alla competenza delle Commissioni tributarie non esclude la necessaria osservanza dei Principi di prudente valutazione circa la convenienza della definizione amichevole delle liti, secondo i Principi di efficacia ed economicità dell’attività amministrativa.