Contenzioso tributario: motivazione meramente apparente

Nell’Ordinanza n. 22691 del 19 ottobre 2020 della Corte di Cassazione, la Suprema Corte afferma che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della Sentenza allorquando il Giudice di merito ometta di indicare (nella Sentenza) gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la Sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale”. Peraltro, i Giudici di legittimità sottolineano che la Sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, comma 2, del Cpc., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi.

Poi, per la Suprema Corte, la motivazione per relationem è legittima soltanto nel caso in cui:

a) si riferisca ad una Sentenza che abbia già valore di giudicato tra le parti;

b) ovvero riproduca la motivazione di riferimento, autonomamente e sufficientemente recepita e vagliata nel contesto della motivazione condizionata.

Infine, i Giudici di legittimità precisano che nel Processo tributario, la motivazione di una Sentenza può essere redatta “per relationem” rispetto ad altra Sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti “autosufficiente”, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico – giuridica. Invece, la Sentenza è nulla, ai sensi dell’’art. 360, comma 1, del Cpc., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, perciò, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo.

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